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venerdì 16 agosto 2019

Carbonato di calcio in stratosfera: l’esperimento di Bill Gates “contro” i “cambiamenti climatici”



Riportiamo una notizia relativa al “progetto” di Bill Gates circa un “esperimento” per contrastare il cosiddetto “global warming”. Niente di nuovo sotto il sole… chimico: da anni la geoingegneria ufficiale, presentata come un insieme di piani e di idee, affianca la geoingegneria clandestina, a mo’ di patetica copertura e di giustificazione nei rispetti di criminali attività volte al controllo dei fenomeni meteo-climatici con risvolti strategici e demografici. Tuttavia l’articolo è importante, perché è espressamente menzionato il carbonato di calcio insieme con le disastrose conseguenze sugli equilibri atmosferici, ossia in primo luogo la siccità. Ci credo: il carbonato di calcio – i negazionisti si sbellicano quando i ricercatori e gli scienziati lo chiamano in causa, ma ride bene chi ride ultimo – è igroscopico, ossia prosciuga le nubi e diminuisce in modo drastico l’umidità.

15 agosto 2019. Bill Gates, il numero uno della Microsoft punta a ridurre il “riscaldamento globale” attraverso l’esplosione di palloni ripieni di polvere bianca. Milioni di tonnellate di carbonato di calcio, una sorta di polvere bianca, per limitare gli effetti del cambiamento climatico. E’ l’idea di Bill Gates, concepita sulla base di una serie di ricerche condotte dall’Università di Harvard. Il progetto di geoingegneria solare necessita, però, ancora di ulteriori studi. Una prima sperimentazione sarà eseguita su una porzione ridotta di stratosfera nel Nuovo Messico. Dodici chili di polvere bianca saranno rilasciati dagli “esperti” nell’ambito di un progetto dal nome Stratospheric Controlled Perturbation Experiment (ScoPEx). La sostanza è contenuta in un pallone, associato ad una sonda dotata di eliche e su cui sono installati sensori in grado di misurare il grado di riflessione della luce solare (albedo, n.d.r.).

L’idea si basa sulle osservazioni degli effetti prodotti dalle venti milioni di tonnellate di biossido di zolfo diffuse dal vulcano Monte Pinatubo nelle Filippine nel 1991. L’eruzione provocò la morte di circa settecento persone con una nube che si propagò nell’alta atmosfera dell’intero pianeta, bloccando in parte i raggi solari e spingendo le temperature ad abbassarsi di mezzo grado.

Allo stesso modo, gli "esperti" puntano a riprodurre questo effetto attraverso l’esperimento ScoPEx. Nonostante le premesse, i pericoli di un simile esperimento sono notevoli. L’emissione di simili sostanze in atmosfera potrebbe stravolgere delicati equilibri, provocando inondazioni o siccità estreme nonché erodere lo strato di ozono che protegge la Terra dai raggi ultravioletti. Insomma un progetto delicato che necessita dell’accordo dei diversi paesi (sic!!!, n.d.r), oltre che dal via libera degli "scienziati".

Fonte: scienzenotizie.it

Articolo correlato: Il carbonato di calcio nelle scie chimiche, 2011

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mercoledì 21 febbraio 2018

Come funziona un motore turbofan e perché non può produrre scie di condensazione



I motori turbofan con high bypass in uso almeno dagli anni ‘70 del XX secolo non possono produrre scie di condensazione, poiché oltre l'80% dell'aria che li attraversa non entra nella camera di combustione. Allo scarico quindi i gas incombusti sono relativamente freddi. Ciò implica che i propulsori attuali non possono in alcun modo generare scie di condensazione, visto che la condensazione dipende da una sensibile differenza di temperatura tra due ambienti.

Per comprendere il motivo di quest'asserzione, è necessario dunque conoscere il funzionamento di un turbofan di ultima generazione.

Il turbofan "high by-pass" (CMF56) rappresenta la massima evoluzione nel campo della propulsione per aviazione. Esso è in sostanza un "motore freddo", in quanto, come si diceva prima, oltre l'80% dell'aria che confluisce nella gondola motore (che ospita l'intero apparato) proviene direttamente dall'esterno e non entra nel ciclo della combustione. Questa soluzione fornisce tre risultati sostanziali che sono i seguenti:

a) riduzione del rumore, poiché l'aria che fluisce all'esterno della camera di combustione funge da silenziatore;

b) maggiore efficienza termodinamica e, sulla carta, minor inquinamento. Il CMF56 espelle aria molto fredda, se confrontato con i propulsori di vecchia generazione che non disponevano del sistema a doppio flusso;

c) minore resistenza aerodinamica.



Per spingere il velivolo in avanti, è necessaria una forza propulsiva che è creata accelerando il flusso d'aria tra la parte anteriore e quella posteriore del turbofan. Ciò è ottenuto tramite una ventola intubata di grandi dimensioni collocata nella parte anteriore del motore.

In sintesi, questi sono i componenti che costituiscono il motore:

la prima ventola (fan) di grande diametro; i compressori a bassa ed alta pressione, con vari stadi che gradualmente aumentano la pressione dell'aria che scorre attraverso gli stadi; la camera di combustione in cui il carburante del jet è mescolato all'aria combusta; le turbine ad alta e bassa pressione dove l'alta pressione dei gas è ridotta, non appena le turbine dirigono i gas nella ventola.

Dei cinque stadi della turbina, uno sviluppa alta pressione; gli altri quattro bassa pressione.

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In conclusione questo è l'intero apparato.

Il CMF56, come si accennava, è un "high by-pass ratio engine" ossia un motore ad alto rapporto di diluizione tra aria fredda ed aria calda. Il turbofan è dunque un motore a doppio flusso: l'aria è compressa, è riscaldata dal carburante combusto, dopo che è passata attraverso le turbine, composte dai compressori e dalle ventole.

Il primo flusso passa attraverso la camera di combustione, il secondo passa solo attraverso la ventola. L'80 per cento dell'aria accelerata dalla ventola è diretto al condotto di by-pass e garantisce l'80 per cento dell'aria fredda del motore. Il primo flusso passa attraverso tre sezioni: attraverso i compressori, la camera di combustione e le turbine. Prima che sia espulsa, l'aria passa attraverso questi meccanismi assemblati. Il carburante è prelevato dai serbatoi ed iniettato nella camera di combustione tramite ugelli distributi per tutta la circonferenza della combustion chamber. L'aria è compressa nei compressori di alta e bassa pressione. In questa fase la miscela esplosiva di aria e carburante raggiunge una temperatura di 1.600 gradi centigradi. La pressione dell'aria è spinta attraverso la turbina a creare un vortice... L'aria è quindi espulsa dal primo condotto per mescolarsi a quella proveniente dalla corrente della ventola. L'energia accumulata è estratta nei cinque stadi delle turbine, immediatamente fuori dalla camera di combustione. Il flusso incontra infine una serie di palette con una conformazione particolare: esse riducono la pressione da 35 a circa 0,75 bar ed abbassano la temperatura della miscela in uscita a circa 350 gradi Celsius.

In definitiva, considerando che la gran parte dell'aria (l'80%) che entra nella gondola motore ha una temperatura sovente prossima ai 50 gradi Celsius sotto lo zero e poiché questa si miscela con l'aria relativamente calda derivante dalla combusione nella turbina, ne risultano gas di scarico non sufficientemente caldi per condensare in goccioline d'acqua o per formare cristalli di ghiaccio una volta a contatto con l'atmosfera. E' quindi evidente che le "scie di condensazione" (persistenti o meno) sono una palese invenzione atta a giustificare un fenomeno, descritto dai servizi meteo come "velature", che non è assolutamente naturale, ma dovuto a composti chimici ad hoc, additivati ai carburanti o diffusi da apparati idonei.

Il ricercatore statunitense Dane Wingington asserisce: "I motori a reazione non producono scie di condensazione, se non in condizioni rarissime e comunque gli aerei che eventualmente generano una breve ed effimera contrail sono troppo alti per essere visti da terra. In realtà, la maggior parte delle persone non potrà mai vedere una vera scia di condensa in tutta la sua vita. Molti osservatori del cielo e piloti di linea hanno deciso di esprimere il loro sdegno per la clamorosa disinformazione con cui è occultata la geoingegneria clandestina".


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mercoledì 14 dicembre 2011

Il carbonato di calcio nelle scie chimiche

Il carbonato di calcio (CaCO3) è un composto del calcio, delle concrezioni calcaree, della pietra da calce, ma è ricavabile anche artificialmente ed usato in varie industrie. E' un sale pochissimo solubile in acqua, ma abbastanza solubile in presenza di biossido di carbonio in seguito alla formazione di bicarbonato. Questa reazione reversibile è molto importante nel ciclo geochimico del calcio. Essa dà luogo anche, nel caso di acqua ad elevata durezza temporanea, alla formazione di incrostazioni in tubi e caldaie.

Il calcare, ricco di carbonato di calcio, è la materia prima per la produzione di calce viva. Tale prodotto era già conosciuto ed usato da vari popoli antichi. A causa della sua notevole pericolosità, la lavorazione era affidata a pochi lavoratori opportunamente addestrati. Essi la mescolavano con la sabbia per ottenere la malta impiegata nelle costruzioni. Il calcare, ridotto in frammenti delle dimensioni di pochi centimetri, veniva introdotto in apposite fornaci, riscaldato fino a 800-1000 gradi Celsius per una decina di ore, durante le quali si verificava la cosiddetta “calcinazione”, una reazione chimica che libera biossido di carbonio (CO2) e produce l’ossido di calcio, cioè la calce viva. La calce viva è una sostanza bianca, porosa e molto igroscopica. Se bagnata con acqua, la calce viva innesca una reazione termica grazie alla quale la temperatura si innalza fino a 300 gradi Celsius. Se è posta a contatto con un materiale infiammabile, lo incendia rapidamente.



La diffusione del carbonato di calcio con le chemtrails è, come abbiano già rilevato, dannosa per l’agricoltura. I suoli calcarei, infatti, sono inadatti alle colture: principale difetto dei terreni calcarei consiste nella ridotta fertilità a causa dell'immobilizzazione di alcuni elementi nutritivi. Tale difetto è lieve nei terreni moderatamente calcarei, mentre si manifesta in modo più intenso al di sopra di PH 8. Poche piante manifestano tutta la loro potenzialità produttiva in questo tipo di terreno.

In aggiunta a questa implicazione, va considerato che il composto in esame è soggetto a reazioni chimiche e termiche inerenti a proprietà igroscopiche, ossia di assorbimento dell’umidità. Il crollo dei valori igrometrici in atmosfera e l’aumento delle temperature, tipiche conseguenza di molte attività di aerosol, sono fenomeni che si possono spiegare anche chiamando in causa il carbonato di calcio, mentre il tanto demonizzato biossido di carbonio, stando a studi recenti, non risulta determinante nel cosidettto “effetto serra”.

Dunque valori termici inusualmente alti per questo periodo, scarse o scarsissime precipitazioni nevose sono situazioni indotte dalla Biogeoingegneria clandestina ed illegale e non manifestazioni naturali. Occorre ribadirlo.



"Aug16th, 2010 0300 UTC: Our Pilatus Porter PC6 B2H4 flew over Bhumibol reservoir to dispense Calcium Oxide at 7000 feet over a kind of orographic clouds top of high mountains around the reservoir hoping that this operation, giving a bit more heat, would make the clouds develope upward to become some CU then CB rain clouds. Afterward we would take off again with Urea and frozen Carbon-dioxide to make the rain clouds yield rain right on the catchment. Captain Pete, Chititewan Devakul".

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domenica 3 ottobre 2010

Lo spartiacque della chimica

Galileo si può ignorare, il Sole no. (L. Ostuni)

"Scie chimiche": in questa dicitura diventata ormai quasi tragicamente banale si concentra la quintessenza venefica di questi tempi crepuscolari. La chimica, che nacque già come snaturamento e semplificazione della scienza alchemica, domina da alcuni decenni il mondo, con tutte le sue nutrite e spesso dannose conseguenze. Fu negli anni ‘50 del XX secolo che la chimica cominciò ad invadere il pianeta: fu demonizzata la Cannabis indica da cui si sarebbero potuti ricavare fibre tessili, materiali sostitutivi della plastica, farmaci e carburanti. La coltivazione della Cannabis fu dichiarata illegale prima negli Stati Uniti, poi via via nei vari paesi del mondo. L’industria petrolchimica si espanse in ogni dove, offrendo e soprattutto imponendo prodotti che, riversati sui mercati, entrarono nella vita quotidiana, nelle linde, asettiche abitazioni dei cittadini, incantati dalle comodità di un mondo sintetico. Intanto il fatturato delle società, che controllavano l’estrazione e la raffinazione del greggio, crebbe in modo esponenziale. Le multinazionali chimiche e farmaceutiche allungarono i loro tentacoli urticanti sul globo.

L’agricoltura, l’industria alimentare, la zootecnia, la produzione di farmaci e molti altri settori si legarono alla chimica da cui non si sono più emancipati. Se è vero che alcuni medicinali possono essere utili, soprattutto quando occorre alleviare dei sintomi, è indubbio che molti rimedi naturali sono di gran lunga più efficaci e con effetti collaterali minori o inesistenti. La natura è sempre più spesso criminalizzata. Come oggi si accusa dei cosiddetti cambiamenti climatici il vitale biossido di carbonio, si sono negli anni passati demonizzati i raggi ultravioletti del Sole: è necessario esporsi ai raggi solari con gradualità e con vari accorgimenti, ma la luce solare è benefica. Privare le piante, gli animali e gli uomini di questo dono salutifero è un delitto: innumerevoli studi dimostrano che il Sole è giovevole nella cura di molte malattie e che favorisce il benessere psico-fisico. Risulta dunque tanto più grave che siano generate coltri chimiche che, filtrando la luce della nostra stella, creano un ambiente livido in cui l’uggia e le patologie possono soltanto prosperare. Il Sole non è solo un’enorme centrale dove avvengono reazioni di fusione nucleare: è energia vitale, un mandala cosmico.[1]

Quale futuro attende le attuali generazioni di bambini e di adolescenti, costretti a “vivere” in un mondo insalubre, abituati ad alimentarsi con cibi transgenici e pieni di coloranti, di conservanti, di edulcoranti artificiali, ad usare il dentifricio con il fluoro, a trascorrere intere giornate davanti al televisore o invischiati nelle ragnatele elettromagnetiche di cellulari, forni a microonde, reti wireless, intrappolati in città in cui esalano mortali vapori di benzene…? Tutto ciò è stato ideato ed attuato con scientifica crudeltà dal sistema: gli alunni trascorrono mattina e pomeriggio in luoghi chiusi illuminati da lampade al neon, sospettate di causare melanomi. Imprigionati in tetre scuole in cui non si apprende quasi nulla o dove si è indottrinati, queste generazioni cresceranno deboli nel corpo ed ancor più nello spirito. I giovani di oggi, divenuti adulti, saranno operai-schiavi, impiegati-schiavi, imprenditori-schiavi e perpetueranno il loro malsano stile di vita in case-loculi, in fabbriche ed uffici.

La chimica e l’elettronica hanno trasformato la vita: esiste oggi ancora qualcosa di naturale? I cosmetici, i detergenti, i filtri solari, i vaccini, i prodotti per l’igiene personale, i farmaci… sono altrettante bombe pronte ad esplodere da un momento all’altro. Occorre recuperare un contatto con la realtà e riscoprire i legami con la natura, prima che sia troppo tardi: è necessario imparare ad osservare, a discernere, a provare empatia… Ancora più perniciosa delle miscele tossiche che gli avvelenatori ci ammanniscono è il disamore per la bellezza e la verità.

Troveremo maestri per gli allievi della televisione? Esiste una via d’uscita? Se esiste, essa passa attraverso la consapevolezza: essere consci delle insidie tese dal sistema per costruire un’esistenza scevra di condizionamenti e di luoghi comuni. L’ultimo barlume di speranza è affidato alla denuncia implacabile dell’ipocrisia con cui il potere ammanta le sue diaboliche iniziative. Nessun potere è filantropo. Lo stato è una costruzione demoniaca. L’ultimo barlume è nella Coscienza che nessuna tecnologia può soverchiare. Anzi, l’enfasi sulla tecnologia, tipica delle élites, è segno di arrogante debolezza.

“Scie chimiche”: in questo sintagma – espressione quanto mai idonea - culmina la degradazione del pianeta, l’intossicazione e l’abbrutimento dell’umanità. Le chemtrails sono l’inevitabile coronamento di un malefico piano chimico-tecnologico volto a devastare ed a distruggere le ultime isole naturali ed a demolire gli ultimi baluardi di civiltà. Non bisogna, però, desistere né disperare: infatti in questo apogeo di orrore si palesa la vittoria finale sulle tenebre. La gigantesca piramide, minata nella sua base, già mostra crepe ed è destinata a crollare. Miseramente.


[1] Sulle proprietà terapeutiche della luce, si vedano almeno i seguenti studi:

F. Marchesi, La luce che cura, Milano, 2002 con doviziosa bibliografia inclusa
A. Meluzzi, T. Margiotta, G. Francesetti,"La luce come terapia, Pavia, 1990
J. N. Ott, Health and Light: the effects of natural and artificial light on Man and other living things, 1950
N.E. Rosenthal, Seasonal affective disorder and phototeraphy, in Annals of the New York Academy of Sciences, 453, 1985


Articolo correlato: Freeskies, Exit strategy?, 2010






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sabato 1 maggio 2010

L'acqua che esce dai rubinetti è inquinata

Pubblichiamo un trafiletto sulla contaminazione dell'acqua "potabile" in Italia. E' inutile evocare misteriose ed inverosimili cause, come accaduto ad Orvieto: l'inquinamento si spiega in primo luogo, ricordando che ogni giorno sono disperse, mediante gli aerei della morte, tonnellate di metalli e composti chimici. Notizie del genere, lungi dall'essere riconducibili alle preoccupazioni delle autorità per la salute dei cittadini, paiono un obliquo incitamento ad acquistare bottiglie di minerale, favorendo così le multinazionali che monopolizzano questo lucroso mercato. Sennonché, il liquido contenuto in bottiglie confezionate per di più con plastica cancerogena, non è certo meno venefico di quello che sgorga dai rubinetti.


L'acqua del rubinetto è contaminata: a lanciare l'allarme è un comitato scientifico incaricato dalla Commissione europea. La qualità delle acque "potabili" italiane andrebbe bene per gli adulti, ma non per i bambini al di sotto dei dodici anni, in particolar modo per i neonati. L'acqua del rubinetto sarebbe contaminata da arsenico, boro e fluoruro, elementi tossici che scorrono nelle nostre tubazioni. I livelli di tali inquinanti, in alcune regioni, superano di cinque volte quelli consentiti dalle norme europee.


Fonte: Ecplanet.com


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lunedì 4 gennaio 2010

Scie chimiche e diminuzione dell'irraggiamento solare nell'eziologia di alcune patologie

Gli studi della tossicologa californiana, Hildegarde Staninger, hanno condotto all'individuazione dello stronzio tra gli elementi dei nano-tubi inclusi nei polimeri dispersi con le scie chimiche. Lo stronzio (Sr) è un elemento chimico dal reticolo cristallino cubico. E' piuttosto scarso nella crosta terrestre (0,04 per cento circa), ma assai diffuso, perché quasi sempre presente in tracce più o meno rilevanti nei minerali di calcio. Lo stronzio ha l'aspetto di un metallo bianco-argenteo, molle che si ossida rapidamente all'aria e che reagisce violentemente con l'acqua, sviluppando idrogeno. Le sue proprietà fisiche e chimiche sono quelle di un metallo alcalino-terroso, intermedie fra quelle del calcio e quelle del bario. Per la sua grande analogia con il calcio (i raggi degli ioni Ca++ e Sr++ differiscono di pochissimo), lo stronzio può sostituirlo nelle parti scheletriche degli animali: infatti esistono organismi che lo fissano selettivamente come certi protozoi radiolari.

A proposito di questo elemento, la Staninger osserva: "I livelli delle emissioni atmosferiche dello stronzio sono monitorati dall'Ufficio Foreste degli Stati Uniti. Lo stronzio interagisce con i metaboliti [1] della vitamina D ed innesca meccanismi tossicologici che provocano carenze di vitamina D. I nanotubi sono stati realizzati in silicio-carbonio e stronzio. Lo stronzio è elemento d'elezione per via del suo uso come materiale sensore rice-trasmittente nella progettazione delle nano-antenne d'avanguardia".

La vitamina D o calciferolo è una vitamina liposolubile contenuta in pesce, uova e latticini, ma prodotta anche dall'organismo umano per azione dei raggi solari su un precursore (7-deidrocolesterolo) presente nella cute; la forma attiva principale è l'1,25 colecalciferolo, risultato di processi di idrossilazione che avvengono a livello epatico e renale. Stimola l'assorbimento di calcio e fosfati nell'intestino. La sua carenza provoca alterazioni ossee e rachitismo. La diminuzione dell'irraggiamento solare e l'accumulo di stronzio nell'organismo concorrono dunque a determinare il deficit di vitamina D, alla base di varie patologie, non esclusi i tumori, favoriti appunto dalla scarsità del calciferolo.


[1] I metaboliti sono sostanze che prendono parte alle reazioni chimiche che si verificano nell'organismo o che derivano da esse.

Fonti:

Enciclopedia delle Scienze, Milano, 2005, s.v. stronzio e Vitamina D
Parkinson news, Deficit di vitamina D nei pazienti parkinsoniani, anno VIII, n. 2, aprile 2009
H. Staninger, Inibizione della colinesterasi come risultato dell'esposizione ad emissioni aeree di materiali nano-compositi, 2009



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martedì 20 ottobre 2009

Gli ingredienti velenosi delle scie chimiche

Nel luglio 2009 sono state compiute alcune analisi chimiche che si riferiscono al particolato rilevato in campioni di aria prelevati a Phoenix, Arizona. L'Arizona, come quasi tutti gli stati della Federazione, subisce pesanti irrorazioni chimico-biologiche. I risultati degli esami sono stati tradotti in istogrammi molto eloquenti. Naturalmente i soliti ciarlatani della disinformazione affermeranno che si tratta di "normale" inquinamento ambientale, ma gli alti livelli di vari elementi chimici si spiegano solo chiamando in causa le attività clandestine ed illegali di aerosol.

Dalle analisi emerge che - bisognava aspettarselo - l'alluminio fa la parte del leone con 39.000 parti per milione. Sono stati rilevati anche ferro (17.300 parti per milione), bario (2.100), zinco (1.100), rame (172), manganese (487), piombo (56), cadmio (1,70), cromo (48), nickel (34), arsenico (48), antimonio (26).

I valori rilevati superano di gran lunga i limiti consentiti per legge (in alcuni casi, non esiste un limite stabilito) ed è quindi palese che le concentrazioni rintracciate sono nocive. E' ozioso attribuire tali abnormi concentrazioni solo alla contaminazione ordinaria (stabilimenti industriali, traffico veicolare, attività agricole, inceneritori...) che pure contribuisce, ma non in misura determinante. In aree non industrializzate e lontane da centri urbani si rilevano spesso quantità notevoli di alluminio e bario, come dimostrato da Luigina Marchese in Pioggia di alluminio. Le scie chimiche quindi costituiscono, oggi giorno, la maggiore fonte di inquinamento: è difficile quantificare, ma non saremo lontani dal vero se attribuiremo alle chemtrails almeno l'80 per cento della polluzione ambientale, visti i frequentissimi sorvoli di città ed aree rurali per opera degli aerei della morte.

Ricordiamo che non solo l'alluminio ed il bario sono veleni, ma anche gli altri metalli. Il piombo è neurotossico: usato nella benzina, prima che fosse sostituito dal cancerogneno benzene (bel colpo!) oggi usato nei cosiddetti carburanti "verdi", attacca soprattutto il sistema nervoso. Alcuni derivati del cromo sono fortemente tossici ed inquinanti; lo stesso vale per i sali di antimonio. Anche l'arsenico è velenoso, soprattutto sotto forma di composto inorganico.

Si comprende dunque perché molte persone spesso avvertono uno sgradevole sapore metallico in bocca: i metalli copiosamente diffusi in atmosfera sono all’origine di questo altrimenti incomprensibile sintomo.

Insomma, una pietanza a base di veleni ci viene ammannita dai militari e dai nostri governi, ogni giorno... Buon appetito.

Consulta qui i risultati delle analisi.



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giovedì 27 agosto 2009

Siccità in India: sotto accusa le scie chimiche

Il nostro amico ed assiduo lettore Arturo ci ha segnalato, tra gli altri, un breve articolo pubblicato dal quotidiano "La Repubblica". Il trafiletto si impernia sulla siccità che sta affliggendo l'India. I militari, con le loro scellerate operazioni, basate sul mostruoso connubio tra scie chimiche (spesso contenenti composti igroscopici) ed onde elettromagnetiche, sono riusciti nel loro intento: sconvolgere gli equilibri del regime monsonico, sicché le piogge, che dissetavano ampie regioni del subcontinente indiano e del sud est asiatico, non cadono più o sono assai scarse. Alla stagione secca, che già metteva a dura prova l'agricoltura indiana, la flora e la fauna, ora è subentrata una stagione semiarida.

Che cosa fa il governo di New Delhi per contrastare le attività chimico-biologiche nei cieli dell'Unione indiana? Niente! Perché? Perché, come quasi tutti i governi (forse solo l'esecutivo dell'Ecuador non è coinvolto) sa, ma tace colpevolmente. E' mai possibile che i vertici militari di uno stato, che è anche una potenza nucleare, non ordinino ai caccia della sua aviazione di intercettare i velivoli chimici, mentre, violando lo spazio aereo, diffondono veleni? E' possibile, anzi è normale, in quanto i governi sono succubi di élites criminali che impongono le loro folli e distruttive decisioni. Obtorto collo o corrotte con privilegi e fiumi di denaro, le classi "dirigenti" dei vari paesi obbediscono al diktat di potentati sovranazionali. I risultati di questa inetta "politica" sono disastrosi.



Emergenza acqua a Mumbai (ex Bombay, n.d.r.). La capitale finanziaria dell'India sta vivendo una crisi allarmante: le forniture idriche sono state tagliate del 15 per cento e, da ottobre, subiranno un'ulteriore riduzione del 30 per cento. Unica risoluzione? La pioggia. Per ingraziarsi il dio di riferimento, dieci sacerdoti indù si sono immersi per quattro ore in cisterne piene d'acqua, recitando i mantra previsti nel rituale del Varuna Yajna.


Leggi qui il trafiletto tratto dal quotidiano di regime "La Repubblica".



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TANKER ENEMY TV: i filmati del Comitato Nazionale

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giovedì 11 giugno 2009

Le cellule di Kerala ed i polimeri di ricaduta

Nell'estate del 2001 a Kerala, nell'India sud orientale, cadde una pioggia di colore tra il rosa ed il rossastro. La notizia fu pubblicata nell'aprile del 2006 sulla rivista Astrophysics and space science in un articolo intitolato La pioggia rossa di Kerala e la sua possibile origine extraterrestre. Godfrey Louis, ordinario di Fisica teorica ed applicata all'Università Mahatma Gandhi, ha analizzato al microscopio ed a diverse temperature campioni dell'anomala pioggia, scoprendovi cellule con spessi pareti rosse. Queste cellule, prive di D.N.A., contengono idrogeno, silicio, ossigeno, carbonio ed alluminio. Inoltre Louis, sottoponendo il materiale a differenti emissioni di raggi UV, ha rilevato picchi variabili di autofluorescenza, fenomeno riscontrabile nelle cellule biologiche, sebbene le cellule "aliene" siano prive di proteine.

L'autofluorescenza è "una caratteristica tipica dei composti organici e delle cellule in particolare. In campo biologico, l'autofluorescenza è un fenomeno originato dai mitocondri e dai lisosomi nelle cellule, ma anche dalla matrice extracellulare ricca di collagene ed elastina. In particolare le molecole organiche che causano autofluorescenza sono prevalentemente amino-acidi aromatici e lipo-pigmenti". Molte delle sostanze coinvolte negli aspetti organizzativi e metabolico-funzionali del materiale biologico si comportano da fluorofori endogeni, ovvero sono in grado di emettere un segnale di fluorescenza, quando eccitati ad opportune lunghezza d'onda. Le caratteristiche del segnale di fluorescenza dipendono dalla natura e dalla concentrazione di tali fluorofori, dalla loro distribuzione all'interno del substrato biologico e dalla proprietà fisico-chimiche del loro microambiente.

Insomma, pare che ci si trovi di fronte ad un rompicapo, poiché le cellule di Kerala paiono qualcosa di intermedio tra inorganico ed organico. "E' significativo che esse includano il silicio. Il silicio è l'unico elemento in grado di generare, come il carbonio, catene complesse e può essere adoperato per creare dei sistemi neuronali e cerebrali di tipo artificiale o meglio, dei sistemi in cui il confine tra biologico ed elettronico è assai sfumato. Il silicio è in grado di immagazzinare energia (non a caso, i pannelli fotovoltaici di nuova generazione sono costruiti con celle di silicio) e di condurre l'elettricità".

Da non trascurare un altro "mattoncino" delle cellule di Kerala, l'alluminio, uno fra gli elementi peculiari delle scie tossiche.

Considerando gli elementi chimici e le particolarità delle cellule indiane, viene da pensare che, se esse non sono di origine esogena, la loro struttura chimica e la loro ratio siano state in parte riprodotte in laboratori militari per creare composti cross over, inorganico-organico, materiali artificiali, ma bio-compatibili come quelli reperiti nel materiale di ricaduta delle chemtrails.

L'accostamento carbonio-silicio richiama alla mente uno dei sinistri progetti della Cabal: è un piano volto a determinare un passaggio della specie umana dalla matrice carbonio alla matrice carbonio-silicio. Questa graduale metamorfosi è uno degli scopi dell’operazione di aerosol clandestino?

Un episodio simile occorse nel 1994 nello Stato di Washington.




Articoli correlati:

- Dopo la pioggia il virus che causa nausea e vomito (articolo del quotidiano La Stampa)
- Strani filamenti nelle urine di soggetti apparentemente sani


Fonti:

Autore non indicato, Il mistero della fluorescenza nelle cellule rosse di Kerala, 2009, in Fenix, n. 8, giugno 2009
Tursiops, Polimeri di ricaduta: altre analisi, 2008, tratto da Sciebuccinasco
Zret, La questione silicio, 2009



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Range finder: come si sono svolti i fatti

mercoledì 20 maggio 2009

Elementi e salute: l'alluminio

L'amico di Heymotardnews sta curando una approfondita sinossi degli elementi chimici collegati all'inquinamento ambientale, causato o aggravato dalle scie chimiche. Abbiamo deciso di pubblicare la sua ricerca sull'alluminio, tra i metalli più diffusi tramite le chemtrails ed all'origine di vari disturbi e patologie, anche gravi, come l'Alzheimer, la S.L.A. ed il Parkinson: sono malattie provocate, in primis, dall'accumulo di metalli nell'organismo.


Alluminio

Si tratta di un metallo duttile e leggero dal colore argenteo vivo, ma facilmente ricoperto da un sottile strato di ossidazione che si forma rapidamente quando è esposto all'aria. L'alluminio non è magnetico e non è infiammabile a temperature ordinarie, pur essendo estremamente avido di ossigeno. Ha soltanto un isotopo naturale, l’aluminium-27, che non è radioattivo.


Applicazioni

L’alluminio è importante per la sua resistenza all'ossidazione e per la leggerezza delle sue leghe. L'alluminio è, infatti, usato in molte industrie per realizzare i manufatti più svariati e riveste quindi una grossa importanza nell'economia mondiale. I componenti strutturali costruiti in leghe d’alluminio sono fondamentali per l'industria aerospaziale e molto importanti in altre aree di trasporto e costruzione in cui sono richieste leggerezza, durevolezza e resistenza.

L'uso dell'alluminio è secondo solo a quello del ferro. Puro, forma facilmente leghe con molti elementi quale rame, zinco, magnesio, manganese e silicio.

Quasi tutti gli specchi moderni, compresi quelli dei telescopi, sono costituiti da un rivestimento riflettente sottile di alluminio posto sulla superficie posteriore di un vetro.

Altre applicazioni riguardano circuiti elettrici e rivestimenti atermici. A causa della sua alta conducibilità e del prezzo relativamente basso, se confrontato con quello del rame, l'alluminio era ampiamente usato negli Stati Uniti per le linee elettriche domestiche negli anni ‘60. Si manifestarono, però, problemi di funzionamento a causa del più alto coefficiente di dilatazione termica e della sua tendenza a creparsi sotto una pressione stabile e continua, entrambi eventuali cause d'allentamento del contatto. La corrosione galvanica, infine, ne aumenta la resistenza elettrica.

Lo sviluppo più recente nella tecnologia dell'alluminio è la produzione di schiuma di alluminio attraverso l'aggiunta di un composto metallico fuso (un metallo ibrido) in grado di rilasciare un gas di idrogeno. L'alluminio fuso deve prima essere ispessito ed a tale scopo vengono aggiunti ossido di alluminio o fibre di carburo di silicio. Il risultato è una schiuma solida che è usata nei tunnel stradali e nelle navicelle spaziali.


L'alluminio nell'ambiente

Anche se l'alluminio è un elemento molto abbondante nella crosta terrestre, stimato in percentuali attorno all'8%, è molto raro nella sua forma pura, mentre è facilmente reperibile come minerale di bauxite. Sotto forma di idrossido non solubile, caratterizza fortemente i terreni che lo contengono.

L'alluminio è fra i metalli più difficili da raffinare esistenti sulla terra: il motivo è che esso si ossida molto velocemente ed il suo ossido è un composto estremamente stabile che, a differenza della ruggine sul ferro, non si sfalda via. La ragione stessa per cui l'alluminio è usato in molte applicazioni spiega perché è così difficile da produrre.

Parecchie gemme sono composte da cristalli chiari di ossido di alluminio, noti come corindone. La presenza di tracce di altri metalli genera i vari colori: il cobalto forma gli zaffiri azzurri, il cromo forma i rubini rossi. Entrambe le gemme sono oggi facili ed economici da produrre artificialmente.

Il recupero del metallo dai rottami riciclati è diventato una componente importante dell'industria di alluminio. La produzione industriale mondiale del metallo nuovo si aggira intorno alle 20 tonnellate per anno ed una simile quantità viene riciclata. Le riserve note sono pari a 6 miliardi di tonnellate.


Effetti sulla salute dell'alluminio

L'esposizione ad elevate concentrazioni può causare problemi di salute. La forma ionica di alluminio solubile in acqua ha particolari effetti nocivi. Si trova solitamente in soluzione assieme ad altri ioni, come nel cloruro di alluminio. L'assunzione di alluminio può avvenire attraverso il cibo, attraverso la respirazione e tramite il contatto con la pelle. Un'assunzione continuata di concentrazioni significative di alluminio può provocare seri effetti sulla salute, come i seguenti:

- danneggiamento del sistema nervoso centrale

- demenza

- perdita della memoria

- indebolimento generale e stanchezza cronica (astenia)

- forte tremore

- malattia di Alzheimer

- morbo di Parkinson

L'alluminio costituisce un rischio in certi luoghi di lavoro, come le miniere dove può essere presente nell'acqua. Le persone che lavorano nelle fabbriche dove si impiega l'alluminio durante i processi di produzione possono riscontrare problemi ai polmoni, quando ne respirano polvere. L'alluminio può causare problemi ai pazienti di malattie renali, quando entra nell'organismo durante le dialisi renali.

L'inalazione di polveri fini e di ossido di alluminio è stata indicata come causa di danni e di fibrosi polmonari. Questo effetto, noto come malattia del rasoio, è complicato dalla presenza di silicio e di ossidi di ferro nell'aria inalata.

Effetti ambientali dell'alluminio

[...] Disperso in atmosfera sotto forma di particolato viene usato per creare un plasma elettroconduttivo ad usi militari ed uno schermo ai raggi solari. Alte concentrazioni di alluminio causano non soltanto effetti sui pesci, ma anche su uccelli e su altri animali che mangiano i pesci e gli insetti contaminati e sugli animali che respirano alluminio attraverso l'aria. Le conseguenze sugli uccelli che mangiano i pesci contaminati consistono nell'assottigliamento dei gusci delle uova e nella nascita di pulcini sotto peso. Le conseguenze sugli animali che respirano alluminio attraverso l'aria possono essere problemi ai polmoni, perdita di peso e diminuzione dell'attività.

Un altro effetto negativo per l'ambiente dell'alluminio è che i suoi ioni possono reagire con i fosfati e ciò li induce ad essere meno disponibili per gli organismi acquatici. Alte concentrazioni di alluminio possono essere presenti non soltanto inegli ecosistemi e nell'aria soprattutto a seguito di intense irrorazioni aeree, ma anche nell'acqua freatica. Ci sono consistenti prove infatti sulla capacità dell'alluminio di danneggiare le radici degli alberi, quando gli alberi, attraverso l'apparato radicale, si approvvigionano di acque di falda.


Fonte: lenntech.com

Articoli correlati:

- Il piano di Edward Teller e la truffa dell'effetto serra, 2008
- Il trimetilalluminio nelle scie chimiche, 2008


Leggi qui l'articolo pubblicato su Heymotardnews.



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domenica 3 maggio 2009

Filamenti di polimeri già nel 2002: il caso di Alessandria

Il 19 ottobre 2002 il Dottor Franco Mari informò il biologo Giorgio Pattera di un inusuale fenomeno accaduto il giorno precedente nell'alessandrino: una ricaduta di un non meglio identificabile materiale filamentoso, assimilabile, all'apparenza, a "tela di ragno". Il materiale raccolto da uno studente, R.C., fu analizzato dal Dottor Pattera. Il caso ed i risultati delle analisi sono esposti nell'Indagine sulla caduta di capelli d'angelo il 18/10/2002 ad Alessandria, relazione tecnica pubblicata sul sito del Cifas ed inclusa nel rigoroso volume "U.F.O.: vent'anni di ricerche", Parma, 2007, pp. 162-165. Prima di lasciare ai visitatori la lettura di questo istruttivo resoconto, ci sembrano d'uopo alcune considerazioni preliminari che sono anche conclusioni, per quanto suscettibili di ulteriori rettifiche ed approfondimenti.

- Il Dottor Mari ed il Dottor Pattera furono probabilmente i primi in Italia ad imbattersi nelle fibre polimeriche rilasciate dagli aerei chimici, evidentemente in occasione di sorvoli sperimentali o estemporanei, visto che le irrorazioni sono entrate a pieno regime nel nostro paese negli anni successivi.

- I ricercatori stabilirono che questo materiale non coincideva con i cosiddetti “capelli d'angelo”, una bambagia silicea associata ad alcuni avvistamenti di U.F.O.

- L'esame delle fibre anticipa e conferma analisi recenti di tali fibre artificiali, ma biocompatibili e che sono causa, insieme con altri fattori, del Morgellons.

- Risulta pericoloso toccare queste pseudo-ragnatele che possono penetrare nell'organismo attraverso la pelle.

- I filamenti polimerici NON sono identificabili, checché affermino gli sfrontati disinformatori del C.I.C.A.P. e … dell'A.R.P.A., con ragnatele di fantomatici Aracnidi migratori: non sono, infatti, costituiti da proteine. Lo ribadisce anche Antonio Bruno nel suo articolo Capelli d'angelo: il mistero continua.



Il giorno 19 ottobre 2002 perveniva al sottoscritto, responsabile scientifico del C.U.N. per le analisi di laboratorio e le tracce al suolo, una e-mail da parte del Dr. Franco Mari (componente del Consiglio Direttivo), che lo informava d’un insolito fenomeno accaduto il giorno precedente nell’alessandrino: una copiosa ricaduta di un non meglio identificabile materiale filamentoso, assimilabile a "tela di ragno".

Per inquadrare al meglio la situazione, riporto testualmente la descrizione dell’evento, così come trasmessa al Dr. Mari da parte del testimone, lo studente diciassettenne Riccardo Carretta: "Sono un ragazzo di 17 anni e vi scrivo per segnalarvi un fenomeno che ha destato la mia attenzione. Da diversi anni sono appassionato di U.F.O.: questa passione ha fatto sì che mi sia documentato attraverso libri e trasmissioni sull'argomento. Ieri, 18 ottobre 2002, la mia città e le zone circostanti sono state oggetto di un fenomeno singolare e che mai mi era capitato di vedere: i tetti, le automobili, gli alberi si sono ricoperti di strani filamenti che sono scesi dal cielo, depositandosi in maniera massiccia. La struttura e le caratteristiche di tali filamenti mostrano evidentemente che non si tratta di semplici ragnatele.
Riflettendo su quanto stavo vedendo, mi sono tornati alla mente diversi dossiers in cui si trattava questo fenomeno, sempre collegato all'avvistamento, nelle medesime zone, di oggetti volanti non identificati. Tanto più che mia madre ha affermato di aver visto, proprio nella giornata di ieri, una formazione di oggetti volanti che si muovevano rapidamente e in formazione quadrangolare, da sud verso nord.
Ho analizzato quanto mi ha detto e ho riscontrato che le caratteristiche di quegli oggetti non sono riconducibili ad aeromobili o stormi di uccelli.Io sono in possesso di un campione di questi strani filamenti. Vi prego di analizzare la mia testimonianza; spero che mi contatterete quando avrete formulato un'ipotesi sull'accaduto. Vi ringrazio per l'attenzione e vi fornisco il mio recapito
".

Il sottoscritto, conscio del fatto che, se si fosse trattato di "bambagia silicea" (come quella caduta su Firenze nel lontano 1954), ogni minuto guadagnato poteva risultare determinante per l’espletamento delle indagini di laboratorio, essendo tale materiale estremamente volatile e tendente alla sublimazione, prese immediati contatti telefonici col suddetto testimone, al quale, verificatane l’attendibilità e la disponibilità, impartiva disposizioni sulle modalità di prelievo, conservazione ed invio del materiale in oggetto.

Il testimone, nel rassicurarmi che i filamenti non erano assolutamente "svaniti", ma solo leggermente ridotti in dimensioni e consistenza a distanza di circa 48 ore dalla caduta, già mi dava indirette indicazioni sul fatto che probabilmente il materiale dallo stesso prelevato poco o nulla aveva a che fare con la "bambagia silicea" (boro-silicato di calcio e magnesio) di cui sopra. In ogni caso, il giorno 22 ottobre giungeva al mio domicilio, a mezzo posta prioritaria, un contenitore sterile con alcuni residui dei filamenti in oggetto.

I filamenti venivano sottoposti, d’intesa con un collega dei Laboratori C.N.R. di Parma, ad accurate ed approfondite indagini microscopiche (mediante l’impiego di uno stereomicroscopio binoculare, ingrandimento 70x, in campo chiaro ed in campo scuro, sia con luce incidente sia riflessa) e successivamente fotografate con fotocamera digitale.

Tale indagine, i cui risultati rendevano superflui ulteriori accertamenti (in ogni caso impossibili, data l’esiguità del materiale a disposizione), mostrava inequivocabilmente che si trattava di filamenti non di origine biologica (come la sericina, prodotta dalle ghiandole degli Aracnidi, che si solidifica a contatto con l’aria, dando luogo alla "ragnatela"), bensì di filamenti simili a quelli delle fibre tessili, di tipo non-vegetale (es. cotone), ma sintetico (es. rayon). In particolare, detti filamenti presentavano lungo il decorso un’alternanza di segmenti chiari e di segmenti più scuri e la presenza, anche se non costante, di zone rifrangenti la luce; aspetto, quest’ultimo, tipico delle fibre tessili polimeriche di sintesi.



In contemporanea (ed a mia insaputa), lo studente provvedeva a sottoporre analoghi filamenti al parere di alcuni insegnanti dell’Istituto Tecnico "Leonardo Da Vinci" (la scuola da lui frequentata), ottenendone un responso pressoché identico al nostro. Anche in questo caso, riporto testualmente la comunicazione inviatami dal testimone:

"Egregio Signor Pattera,

Le scrivo per comunicarle gli sviluppi della vicenda relativa allo strano fenomeno che si è verificato il giorno 18/10/02 nell’alessandrino.
Deve sapere che nei giorni successivi alla comparsa degli strani filamenti, l’A.R.P.A. (Azienda Regionale Protezione Ambientale) ha divulgato tramite alcuni quotidiani a diffusione provinciale e regionale una fantomatica spiegazione dell’insolito evento.I tecnici di tale azienda hanno sentenziato che i filamenti non sono nient’altro che ragnatele prodotte da una particolare specie di ragni di terra; tuttavia in questi articoli non veniva dato nessun dettaglio tecnico e non venivano fornite prove che giustificassero i risultati di tale ricerca.

In aggiunta a tutto questo, ci tengo ad informarLa del parere dato da due Professori (uno di chimica e uno di biologia) del mio istituto (I.T.C. "Leonardo Da Vinci"); io li avevo coinvolti facendo loro notare la singolarità del fenomeno che avevo osservato ed essi, dopo aver raccolto un campione dei filamenti, hanno proceduto ad un'analisi microscopica.La cosa importante è che il loro parere è stato assolutamente discordante con quello fornito dall’A.R.P.A.: da quanto hanno potuto osservare sono giunti alla conclusione che non si tratta di un composto di derivazione biologica, bensì di una fibra sintetica (che non sono riusciti ad identificare attraverso gli strumenti a loro disposizione).

Spero che le informazioni che Le ho fornito le siano di aiuto e la ringrazio anticipatamente, se mi terrà informato sugli sviluppi della vicenda.

Le porgo cordiali saluti
".

Riccardo Carretta


A questo punto credo di poter ritenere concluse, per quanto mi riguarda, le indagini commissionatemi dal C.U.N. circa gli strani reperti di Alessandria, non prima di aver sottolineato che, quando due o più ricercatori che non si conoscono, distanti fra loro, uno all’insaputa degli altri e viceversa, studiando lo stesso fenomeno giungono alle stesse conclusioni, la Scienza può ritenersi sufficientemente soddisfatta circa la veridicità dei risultati ottenuti.

Giorgio Pattera

Leggi qui la relazione tecnica sul sito del Cifas.



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lunedì 20 aprile 2009

Una possibile relazione tra spostamento delle scie chimiche e campi elettromagnetici

Dopo aver constatato le convergenze tra le nostre osservazioni e quelle di alcuni lettori, abbiamo deciso di pubblicare questo breve studio, in cui è esposta un’ipotesi che altri elementi potranno verificare o falsificare in tutto o in parte.

Molti ricercatori e testimoni, studiando ed osservando il fenomeno delle scie chimiche, hanno notato che, non di rado, le scie si muovono in una direzione opposta a quella in cui si spostano le nuvole, pur essendo più o meno alla stessa quota. E' possibile che per il gioco delle correnti in quota le scie si spostino verso direzioni contrarie a quelle delle formazioni nuvolose naturali, ma non quando si trovano alla medesima altitudine.

Si deve presumere che si usino dei fasci di onde elettromagnetiche per dirigere le nubi chimiche e per spostare la copertura là dove è necessario. L'interazione tra campi elettromagnetici e formazioni composte soprattutto da metalli è da considerare un'ipotesi plausibile: molte volte le scie (cirri artificiali) risultano come stirate, pettinate. Il particolato composto da metalli elettroconduttivi reagisce alle emissioni elettromagnetiche, muovendosi anche controvento o in assenza di vento. Si ricordi che i metalli sono elementi chimici caratterizzati da alto potere riflettente, elevata conducibilità termica ed elettrica. I metalli sono in maggioranza paramagnetici. Il paramagnetismo è una proprietà di alcune sostanze che presentano permeabilità magnetica assoluta costante [1], al variare di un campo magnetico esterno. Se viene applicato un campo elettrodinamico esterno, un materiale paramagnetico si magnetizza nella direzione del campo. I metalli paramagnetici più diffusi sono l'alluminio, il platino, il manganese, il cromo, il palladio, oltre alle loro leghe e sali disciolti.



E’ possibile che siano impiegate anche energie scalari (così le definiscono l’ingegnere elettronico Thomas Bearden ed altri) per influire sul moto delle nubi chimiche [2]. Le loro bizzarre configurazioni lasciano comunque supporre l’azione di “agenti” artificiali: è un dato incontrovertibile che i fenomeni atmosferici risultano, almeno da dieci-quindici anni, in buona parte manipolati.

[1] La permeabilità magnetica è la grandezza fisica che esprime l’attitudine di una sostanza a lasciarsi magnetizzare.

[2] Scalare è una grandezza completamente individuata da un solo valore numerico, in contrapposizione alle grandezze vettoriali, come la velocità che non può essere descritta da una sola quantità numerica, essendo correlata ai parametri di spazio e tempo. Stando ad alcuni interpreti, per energia scalare Bearden intende l'etere o energia del punto zero e non l'elettromagnetismo.

Fonte:

Enciclopedia delle Scienze, Milano, 2005, sotto le voci metalli, paramagnetismo, permeabilità magnetica



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domenica 15 marzo 2009

La questione silicio (seconda ed ultima parte)

"Se la cosa può apparire strampalata, proviamo a seguire questo ragionamento. In pratica, se gli animali si nutrono di materia, i vegetali di materia ed energia (usano la luce del sole per la fotosintesi clorofilliana) perché non dovrebbero esistere esseri che si cibano di sola energia? Una forma vivente intelligente, dunque, (seppur non a livelli eccelsi), non ancorata ad un corpo organico, ma fatta di sola energia. Decine sono i filmati realizzati durante le missioni spaziali in orbita attorno al nostro globo dove si possono notare oggetti luminosi, quasi puntiformi, che sembrano vagare senza una meta apparente, ma capaci di mutare improvvisamente la propria traiettoria. Periodicamente, poi, scenderebbero a quote basse per rifornirsi di “cibo”, mostrandosi visibili in luoghi dove abbonda la produzione di energia: centrali termoelettriche, installazioni militari, città etc.

Ricordiamo, a titolo di esempio, gli U.F.O. apparsi nel 1947 presso le installazioni atomiche di Hanford e di Oak Ridge, nel Tennessee, dove aveva sede l’Atomic Energy Commission, oppure ad Alamogordo, località sopra la quale era esplosa la prima bomba nucleare.

In ogni caso, e non per nulla, le testimonianze di strani oggetti luminosi in cielo sono aumentate a partire dalla seconda metà del XX secolo, quando la tecnologia, con l’annesso surplus energetico, ha fatto passi da gigante.

Un altro fatto, però, è altamente sospetto. Secondo il climatologo tedesco Sami Solanki, il Sole è ora più attivo che in qualunque altro momento degli ultimi 11.000 anni, fenomeno iniziato negli anni Quaranta, con la presenza in misura maggiore all’ordinario di macchie, brillamenti ed eruzioni solari. Sarà un caso, ma proprio in quegli anni gli U.F.O. sono entrati da protagonisti nello scenario dei nostri cieli.

Negli ultimi anni, parallelamente ad un eccezionale incremento dell’attività della nostra stella (il 20 gennaio 2005 la “macchia” n. 720 scatenò un flare di tale potenza e velocità che riversò su una parte del nostro pianeta, dopo solo 30 minuti rispetto alle 24 ore ordinarie, una tale quantità di protoni da uccidere eventuali astronauti in orbita), si è assistito ad un moltiplicarsi di avvistamenti di misteriosi e luminosi oggetti aerei. Questo può significare che le “alte sfere” della nostra atmosfera stanno diventando nocive per qualunque forma vitale, anche le più resistenti, senza considerare l’indebolimento del campo magnetico e l’impoverimento dello strato dell’ozono. Di conseguenza, queste strane creature cercherebbero rifugio in una fascia più protetta dell’atmosfera (quella più bassa).

Che ci sia un legame con l’attività solare è dimostrato anche dagli studi di Hessdalen... una valle norvegese dove, da decenni, analisi visuali e strumentali hanno documentato la presenza di “apparenze” luminose non identificate. Esse si presentano in forma ovale, triangolare, ma più spesso non definita e si muovono velocissime, pulsano e cambiano colore, spesso dal bianco al rosso e viceversa. La loro massima espressione sembra proprio trovare una sua corrispondenza con i picchi dell’attività solare, in particolar modo, quella giornaliera. Il sospetto, infine, è che queste strane creature possano nutrirsi non solo di energia ambientale e meccanica ma anche di quella umana".

Giuseppe Nardoianni, nella recensione del film "E venne il giorno", nota che nella pellicola si allude ad esperimenti segreti della C.I.A. Nel film le piante, in seguito ad esperimenti militari, diffondono nell'aria una neurotossina, provocando smarrimento e perdita della capacità di orientarsi. La vegetazione invia segnali elettrochimici al cervello che annullano l'istinto di autoconservazione, spingendo una parte dell'umanità al suicidio. Nardoianni pensa ad un nesso tra scie chimiche, Morgellons, nanostrutture e
controllo globale il cui "archetipo" potrebbe essere identificato nelle Diatomee, alghe dalla struttura silicea. Le Diatomee sono una classe di alghe Crisofite unicellulari, appiattite, microscopiche che vivono isolate o in colonie nelle acque di tutto il globo. Prive di flagelli, sono provviste di cromatofori (contenenti clorofilla a, caroteni e xantofille) e di membrana cellulare impregnata di silice, formante una sorta di guscio rigido.

Il silicio è l'unico elemento in grado di generare, come il carbonio, catene complesse e può essere adoperato per creare dei sistemi neuronali e cerebrali di tipo artificiale o meglio, dei sistemi in cui il confine tra biologico ed elettronico è assai labile. In grado di immagazzinare energia (non a caso, i pannelli fotovoltaici di nuova generazione sono costruiti con celle di silicio) e di condurre l'elettricità, è sintomatico che le nanostrutture suscettibili di trasformare gli esseri umani in androidi siano a base di silicio.

Recentemente nel Regno Unito sono stati coltivati per la prima volta al mondo dei neuroni su un chip al silicio. “L’annuncio arriva da un gruppo di ricercatori dell’Università di Edimburgo (Scozia) che sono riusciti a modellare il chip permettendo ai neuroni (le cellule che costituiscono la base del sistema nervoso e del cervello) di crescere all’interno di strutture lineari. Questo ha permesso loro di creare delle vere e proprie connessioni tra le cellule nervose e lo stesso chip. Secondo i ricercatori questa integrazione potrebbe portare allo sviluppo di nuove forme di protesi e a sostituire, in futuro, nervi lesionati con chip integrati da neuroni. «Il nostro - ha spiegato Alan Murray, direttore della Edinburgh University’s School of Engineering and Electronics - è un primo piccolo passo verso la creazione di impianti chirurgici a base di chip al silicio»”. (Da un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa).

Come volevasi dimostrare.

Il fine vero delle chemtrails, sembra dunque la creazione di una razza formata da androidi facilmente controllabili. Questi androidi potranno essere usati per espianti di organi, per nefandi esperimenti, per ibridazioni con altri esseri. Alcuni saranno soldati micidiali e feroci, agenti spietati, candidati manciuriani: collegati ad un megacomputer centrale, saranno protesi bioelettroniche del tutto prive di una volontà propria.

Questo pare il progetto delle criminali élites: la trasformazione dell'homo sapiens in homo subhumanus.

Leggi qui la prima parte.



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