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venerdì 13 ottobre 2017

Contaminazione ambientale da Rutenio-106: qual è l’origine?



Nella prima decade di ottobre è stato lanciato l’allarme circa la presenza in atmosfera di Rutenio-106, un elemento radioattivo con emivita di 373,59 giorni. Il Rutenio è usato in alcune superleghe avanzate a monocristallo ad alta temperatura con applicazioni che includono le turbine dei motori a reazione. Quest’ultimo particolare è stato misteriosamente espunto da Wikipedia Italia, sebbene la pagina sia una copia della versione in lingua inglese. Qual è la fonte di questa pericolosa contaminazione? Gli “esperti” brancicano o fingono di brancicare nel buio, mentre si possono formulare alcune ipotesi sull’origine della radioattività rilevata. Le autorità minimizzano, come sempre. Il rutenio, però, è cancerogeno ed è soggetto a bioaccumulo nelle ossa.

Incidente ad un impianto nucleare
Impiego di armi atomiche in teatri di guerra anche lontani dall’Europa, con i radionuclidi poi trasportati in Europa dalle correnti atmosferiche
Irrorazione aerea: leggi chemtrails. E’ questa la congettura più probabile, considerando che la biogeoingegneria clandestina implica la dispersione con fini strategici, economici e demografici, di moltissimi elementi chimici e dei loro composti. [1] Il Rutenio106 è anche un superconduttore, il che induce a supporre un suo impiego nell'ambito del progetto R.F.M.P. e quindi la sua diffusione sarebbe deliberata al fine di ottimizzare le condizioni di elettroconduttività atmosferica in sinergia con il bario e lo stronzio, altro isotopo radioattivo.



Che cosa ci fa una nube radioattiva sul Nord Italia? Da diversi giorni in Piemonte, in Lombardia, in Veneto ed in Friuli Venezia Giulia si registrano concentrazioni di Rutenio-106, un elemento usato in medicina per il trattamento di alcune tipologie di tumori oculari e come fonte di energia per i satelliti. I dati delle rilevazioni eseguite dagli esperti partono dal 29 settembre. La presenza di questo elemento chimico – comunica l' A.R.P.A. friulana - il centro regionale per la “protezione” dell'ambiente – “in assenza di altri radionuclidi artificiali tipici di una fissione nucleare porta ad escludere incidenti occorsi ad un impianto di produzione di energia nucleare e ad esplosioni di ordigni bellici”.

Allora perché nell'aria che respirano i cittadini delle regioni settentrionali d'un tratto è stata riscontrata questa radioattività? Qual è la causa?

Al momento manca una risposta. Gli esperti dei centri regionali, in collaborazione con l' Istituto superiore per la “protezione” e per la ricerca ambientale, hanno intensificato i campionamenti e le analisi del particolato atmosferico. Per i risultati, però, ci vorrà qualche giorno. Allo stato attuale, fortunatamente, il livello di concentrazione di radioattività non comporterebbe rischi per la salute né per l'ambiente. […]

Pare inoltre che la radioattività riscontrata negli ultimi giorni non si limiti soltanto alle regioni settentrionali italiane. La portata è ben più ampia. In base alle analisi svolte da diversi enti ambientali, la presenza di questa miscela di isotopi radioattivi è stata rilevata con valori superiori rispetto all'Italia anche in Germania, Svizzera, Austria e Francia. Secondo il tedesco Federal office for radiation “protection”, le radiazioni avrebbero origine nell' Europa dell'Est, ma non sarebbe ancora stata localizzata con precisione la fonte.

L'Ufficio federale svizzero di “sanità” pubblica ha comunicato che sono state rilevate tracce di Rutenio-106 tra Locarno e Bellinzona. Le autorità locali hanno comunque assicurato che per ora la situazione, seppur anomala, sarebbe sotto controllo (come no! n.d.r.). Così come in Austria, dove, però, la concentrazione di Rutenio è più alta.

La radioattività riscontrata in provincia di Bergamo ha spinto il Codacons a presentare un esposto alla Procura per accertarne le cause. Sul caso, nelle ultime ore, sia pure a rilento, ha cominciato a muoversi anche il Parlamento. […] Il senatore veneziano Gianni Girotto ha presentato un'interrogazione urgente al Ministro della “salute”, Beatrice Lorenzin. “Le istituzioni - afferma l’onorevole Girotto - devono prestare maggiore attenzione ed intervenire con tutti gli strumenti a disposizione per controlli e monitoraggi del fenomeno per evitare che la salute umana sia messa in pericolo”.

[1] Non si dimentichi che è attualmente in corso e durerà fino a novembre un'imponente e disastrosa esercitazione militare dei criminali N.A.T.O.

Fonte: Libero(sic)quotidiano.it


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mercoledì 23 marzo 2016

Studio francese attesta che l’ambiente è inquinato da polimeri di origine atmosferica



Una ricerca referata francese del 2015 attesta che l’ambiente è contaminato da microfibre di plastica: lo studio è incline ad attribuire l’inquinamento alle lavorazioni industriali ed all’agricoltura, ma noi non possiamo escludere che le fibre sintetiche di ricaduta siano dovute per lo più alla polimerizzazione dei carburanti aeronautici. Qualunque sia l’origine delle microfibre, abbiamo poco da rallegrarci, perché, come dimostra l’indagine, l’acqua, il cibo, l'aria etc. sono avvelenati.

Fibre sintetiche di ricaduta: Rachid Dris, Johnny Gasperi, Mohamed Saad, Cécile Mirande, Bruno Tassin Université Paris-Est, LEESU (Laboratoire eau environnement et Systèmes urbains), 61 avenue du Général de Gaulle, 94010 Cedex Créteil, Francia

Storia dell'articolo: ricevuto il 2 ottobre 2015, ricevuto in forma riveduta il 22 dicembre 2015, accettato il 5 gennaio 2016

In questa ricerca è stata studiata la ricaduta atmosferica di microplastiche (nanofibre di polimeri) in due siti urbani e sub-urbani differenti. Le microplastiche sono state raccolte con un imbuto in acciaio inox. I campioni sono stati filtrati ed osservati con uno stereo-microscopio. Le fibre di microplastiche sono state rilevate in quasi tutti i campioni raccolti. In ciascuno specimen raccolto è stata evidenziata una ricaduta atmosferica compresa tra 2 e 355 particelle / m2 / al giorno. I flussi registrati erano sistematicamente superiori nei centri urbani rispetto a quelli dei siti sub-urbani.

La caratterizzazione chimica ha permesso di stimare al 29% la proporzione di tali fibre che sono ora sintetiche ora una miscela di materiali naturali e sintetici. L'estrapolazione delle fibre raccolte (con peso e volume), ha permesso una stima approssimativa. Essa mostra che tra le 3 e 10 tonnellate di fibre ogni anno si sono accumulate a seguito dalla ricaduta atmosferica nell'agglomerato parigino (2500 km2). […]

Sulla base di un monitoraggio a lungo termine, i nostri risultati mostrano grandi quantità di fibre da ricaduta atmosferica, fenomeno che non è ancora stato riportato nella letteratura scientifica. Durante il monitoraggio di tutto l'anno (sito 1), la ricaduta atmosferica variava dai 2 a 355 particelle / m2 / al giorno con una ricaduta media atmosferica di 110 ± 96 particelle / m2 / al giorno. Sulla postazione 2 (controllo a sei mesi), la ricaduta atmosferica è stata di circa 53 ± 38 particelle / m2 / al giorno.

La plastica ed i micro-detriti sono formati principalmente da polietilene, ma anche di etilene / butilene e copolimeri di etilene / acetato di vinile: si è pensato che potessero provenire da cosmetici contenenti particelle esfolianti come il gel doccia ed il dentifricio. Questi composti passano nell’ambiente dai sistemi fognari. Le microplastiche possono costituire fino al 10% del peso totale del prodotto. Inoltre, le particelle granulari usate come abrasivi per trattare superfici possono diffondersi nell'ambiente.

Anche le fibre degli abiti si diffondono dappertutto attraverso il sistema fognario in quanto, come le particelle granulari dei cosmetici, alcuni di questi scivolano attraverso gli impianti di trattamento delle acque reflue. Se vengono adoperati fanghi contenenti microplastiche, come i fertilizzanti in agricoltura, la plastica ed i micro-detriti possono essere immessi nell’atmosfera, quindi contaminare il cibo.

I sorprendenti (ed inquietanti, n.d.r.) risultati delle ricerche svolte presso l'Università di Oldenburg, hanno rilevato che le fibre, i frammenti ed i materiali anche granulari si trovano nel miele, nell’acqua ed in altre bevande “potabili”.

Letto su: ningizhzidda

Fonte: nogeoingegneria.com


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domenica 1 novembre 2015

Nanotubi di carbonio trovati nelle vie aeree di bambini abitanti a Parigi



Una recente indagine medica ha potuto appurare che nei bronchi e negli alveoli polmonari di bambini residenti a Parigi, la Ville merde, sono presenti nanotubi di carbonio. La causa principale di questa condizione epidemiologica, secondo gli autori della ricerca, non è chiara, ma è ormai assodato che la comparsa dei nanotubi di carbonio non è un prodigio del mago Zurlì, essa si deve alla geoingegneria clandestina. Le chemtrails, come ha dimostrato tra gli altri il geofisico statunitense Michael J. Herndon, sono proprio collegate alla dispersione delle nanostrutture in oggetto. La ricerca conferma pure alcune nostre precedenti acquisizioni. E’ palese il collegamento tra inquinamento da aerosol chimico e patologie come l’asma, la mortale bronchiolite costrittiva e la polmonite atipica, affezioni la cui eziologia non è da ricondurre ad infezioni batteriche o virali, ma all’inalazione di pernicioso particolato fine ed ultrafine.

Particolato fine è stato reperito nei bronchi e negli alveoli di bambini asmatici. Nanotubi di carbonio di origine antropica sono stati trovati in tutti i campioni ad indicare altresì che gli esseri umani abitualmente respirano queste nanostrutture. […]
Questi nanotubi sono associati ad effetti negativi sulla salute anche nel range di concentrazioni inferiori a quelle raccomandate dall'Organizzazione mondiale della sanità. Abbiamo dimostrato che i nanotubi di carbonio (CNT) sono presenti nelle vie aeree dei bambini asmatici parigini. Queste nanostrutture sono simili a quelle presenti nelle polveri e negli scarichi dei veicoli, così come assomigliano a quelli precedentemente rilevati nell'atmosfera negli Stati Uniti d’America, in ragnatele (filamenti di polimeri, n.d.t.) esaminate in India e nel ghiaccio dei carotaggi. Questi risultati suggeriscono che gli esseri umani sono regolarmente esposti a nanotubi di carbonio.

Abstract

Prove schiaccianti dimostrano che il particolato fine (PMS) dell'inquinamento atmosferico penetra nelle vie aeree inferiori e sono associate ad effetti negativi sulla salute. Lo studio instaura un collegamento tra contenuto di carbonio nei macrofagi alveolari (valutato solo al microscopio ottico) ed il declino della funzione polmonare. Tuttavia, per quanto di nostra conoscenza, questo tipo di particolato non era mai stato accuratamente localizzato all'interno delle cellule polmonari umane. L’origine delle componenti in primis responsabili della miscela di particolato è ancora sconosciuta. […] Abbiamo usato una trasmissione ad alta risoluzione elettronica e la spettroscopia a raggi X a dispersione di energia per caratterizzare il particolato fine presente nel liquido di lavaggio bronco-fluido-alveolare ed all'interno delle cellule polmonari di bambini asmatici. […]





© 2015 Pubblicato da Elsevier Inc.

Fonte: ebiomedicine

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lunedì 7 settembre 2015

Una diagnosi ogni tre secondi: la diffusione della demenza nel mondo

La demenza, non solo tra gli anziani, è in pauroso aumento. L’articolo che pubblichiamo snocciola statistiche inquietanti, omettendo tuttavia anche solo di accennare alla principale causa dell’Alzheimer, ossia l’accumulo di metalli nell’encefalo, metalli dispersi nell’atmosfera attraverso le criminali attività di biogeoingegneria clandestina. Neanche un breve rimando alle terapie chelanti, ma solo vane parole, vacui proponimenti nonché l’inerzia di un’associazione che finge di occuparsi del problema, proprio come quella che rifiutò un contributo di Dane Wigington. Todos caballeros…



Oltre 46 milioni di persone affette in tutto il mondo di cui 1.241.000 nella sola Italia: sono questi i numeri della demenza che emergono dal Rapporto mondiale sull’Alzheimer 2015, presentato nel Bel Paese da Federazione Alzheimer Italia, rappresentante unico per l’Italia dell’A.D.I. (Alzheimer’s Disease International, la federazione internazionale delle associazioni di Alzheimer di tutto il mondo). Intitolato “L’impatto globale della demenza: un’analisi di prevalenza, incidenza, costi e dati di tendenza”, il Rapporto è basato su una nuova ricerca che Martin Prince, esperto del King’s College di Londra, ha condotto per il Global observatory for ageing and dementia care e sottolinea come i numeri siano destinati quasi a raddoppiare ogni due anni, aumentando ad un tasso di 3 nuove diagnosi ogni 3,2 secondi. Ogni anno, infatti, si registrano più di 9,9 milioni di nuovi casi e le stime ne prevedono 74,7 milioni nel 2030 e 131,5 milioni nel 2050.

Accanto al numero delle persone che convivono con una forma di demenza anche i costi socioeconomici di queste patologie, attualmente ammontanti a 818 miliardi di dollari, sono destinati ad aumentare. Già saliti del 35% negli ultimi 5 anni (il Rapporto mondiale 2010 citava, infatti, 604 miliardi di dollari), nei prossimi tre anni tali costi sono destinati a toccare i 1.000 miliardi. “Ora – sottolinea Prince – possiamo dire di avere sottostimato la portata dell’epidemia odierna e futura di circa il 12-13% rispetto al Rapporto mondiale 2009 e con un andamento dei costi che cresce più rapidamente del numero di persone malate”.

L'Italia non rappresenta certo un'eccezione. Qui, secondo le stime, le persone con demenza saranno ben 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050. “I nuovi casi nel 2015 sono 269.000 ed i costi ammontano a 37.6 miliardi di euro”, sottolinea Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, aggiungendo: “Alla luce di questi nuovi dati, chiediamo al nostro governo di mettere in atto il Piano nazionale demenze assegnandogli i finanziamenti adeguati per sostenere concretamente i malati e le loro famiglie”. Il suo invito fa eco a quello di Glenn Rees, presidente dell’A.D.I., secondo cui “dobbiamo usare queste nuove evidenze per spingere a livello internazionale un movimento che possa combattere lo stigma causato dalla demenza e che permetta la nascita e la crescita di Dementia friendly communities”.

“Questi risultati – commenta Marc Wortmann, direttore esecutivo dell’A.D.I. – dimostrano una necessità urgente di implementare strategie e legislazioni atte a permettere una migliore qualità di vita per le persone che convivono con la demenza, sia oggi sia in futuro”.

Fonte: ilsole24ore

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mercoledì 4 marzo 2015

Deficit cerebrali da sostanze chimiche: è allarme

Alcuni lustri fa, quando ancora non sapevamo che cosa fosse la geoingegneria illegale, ipotizzammo che le carenze cognitive delle nuove generazioni, deficit che si conclamano nei cosiddetti disturbi dell’apprendimento, fossero da ascrivere in gran parte all’inquinamento ambientale. Avevamo ragione. Da tempo alle tradizionali fonti di contaminazione, si sono aggiunte le chemtrails che rischiano di dare il colpo di grazia a bambini ed adolescenti tra cui, non a caso, dislessia, disgrafia, autismo etc. stanno toccando livelli epidemici. L’articolo che pubblichiamo, con tutte le credenziali medico-scientifiche, lancia l’allarme sul nesso tra diffusione nell’ambiente di sostanze nocive e patologie degenerative del cervello. Tra i veleni è menzionato pure il manganese… Vengono in mente quei lubrificanti-additivi per carburanti avio che contengono appunto questo metallo. [1]



Aumenta l'elenco delle sostanze diffuse nell'ambiente che potrebbero causare alterazioni nel cervello in via di sviluppo, con esiti che vanno dal deficit di attenzione a difficoltà di apprendimento. I due esperti, che lanciano l'allarme dalle pagine di "Lancet Neurology", chiedono una strategia di prevenzione internazionale che attribuisca ai produttori l'onere di dimostrare che i loro prodotti sono a basso rischio con test simili a quelli adottati per i farmaci.

"Il numero di sostanze chimiche che potrebbero provocare alterazioni nello sviluppo cerebrale fetale ed infantile è raddoppiato nel corso degli ultimi sette anni e continua ad aumentare l'elenco di composti chimici potenzialmente in grado di danneggiare l'encefalo. Poiché molte di queste sostanze si trovano in oggetti di uso quotidiano come capi d'abbigliamento, mobili e giocattoli, è necessario provvedere urgentemente ad una revisione dei regolamenti nazionali ed internazionali per la valutazione del rischio". E' questo l'appello pubblicato su “Lancet Neurology” in cui Philippe Grandjean e Philip J. Landrigan – rispettivamente della Harvard School of Public Health e delle Icahn School of Medicine at Mount Sinai – fanno il punto sul problema.

Se nel 2006 le sostanze neurotossiche per lo sviluppo cerebrale erano sei (piombo, metilmercurio, arsenico, policlorobifenili e toluene) ora si hanno prove che la stessa azione è esercitata da altri sei prodotti chimici: manganese, fluoruri, pesticidi chlorpyrifos e DDT, tetracloroetilene, ritardanti di fiamma a base di polibromodifenileteri (PBDE) - con effetti che potrebbero andare dal disturbo da deficit di attenzione alla dislessia fino a patologie ancora più gravi. Infatti, anche se la placenta è in grado di filtrare attivamente molte sostanze - osservano gli autori - non riesce a bloccare il passaggio dalla circolazione materna a quella fetale di molti composti tossici ambientali.

Nei soli Stati Uniti, i costi annuali diretti e indiretti conseguenti all'avvelenamento da piombo nella popolazione infantile sono stimati in circa 50 miliardi di dollari e quelli da metilmercurio in circa 5 miliardi di dollari, ma questa potrebbe essere solo la punta di un iceberg, stando a Grandjean e Landrigan, secondo i quali potrebbe essere in atto una “pandemia silenziosa” di deficit neurocomportamentali che eroderebbero l'intelligenza ed altererebbero i comportamenti.

Per dare un'idea delle dimensioni del problema, gli autori riportano anche i risultati di studi che hanno posto in relazione la riduzione del potenziale intellettivo di una popolazione con la capacità produttiva ed il P.I.L. della nazione: ad ogni punto di QI perso, corrisponderebbe ad una perdita economica nell'arco della vita lavorativa stimabile in almeno 12.000 euro. Dato che in seguito all'esposizione al metilmercurio nell'Unione Europea vanno perduti circa 600.000 punti QI all'anno, tutto questo potrebbe tradursi in un danno economico annuo che si avvicina ai dieci miliardi di euro. Questo per quanto riguarda le sole sostanze nocive allo sviluppo cerebrale, ai cui effetti andrebbero aggiunti quelli delle oltre 200 capaci di danneggiare il cervello adulto.

Purtroppo, scrivono gli autori, la maggioranza delle oltre 80.000 sostanze industriali usate negli Stati Uniti non è mai stata analizzata rispetto agli effetti tossici che potrebbero pregiudicare lo sviluppo del cervello del feto o di un bambino. "La nostra grande preoccupazione - affermano i due esperti - è che i bambini di tutto il mondo siano esposti a sostanze chimiche tossiche non riconosciute”. Per questo gli scienziati propongono una nuova strategia di prevenzione internazionale che attribuisca ai produttori chimici l'onere di dimostrare che i loro prodotti sono a basso rischio attraverso una serie di esami simili a quelli adottati per i farmaci.

All'obiezione sui costi elevati di queste procedure, gli autori rispondono con un dato: negli Stati Uniti, si stima che ogni dollaro speso per ridurre i rischi legati al piombo produca un beneficio in media dai 17 dollari ai 220 dollari, a seconda che si considerino i risparmi diretti o anche indiretti, senza contare che “i costi collegati alle conseguenze della neurotossicità durante lo sviluppo cerebrale sono enormi, mentre i benefici circa la prevenzione delle patologie degenerative del cervello sono obiettivamente rilevanti”.

Fonte: Lescienze.it


[1] Un additivo avio è il Metilciclopentadienil tricarbonil-manganese (MMT), oggetto di numerose interrogazioni parlamentari presentate alla commissione europea, in merito alla sua accertata neurotossicità.

Articoli correlati:

- Filamenti aviodispersi: ulteriori conferme che le compagnie civili sono all'origine dell'inquinamento della biosfera
- La prova inconfutabile che siamo avvelenati con il piombo: 571 tonnellate di piombo sono diffuse negli Stati Uniti ogni anno attraverso l’aviazione civile
- Il coinvolgimento delle compagnie aeree civili nelle operazioni di geoingegneria clandestina


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