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sabato 20 giugno 2015

Alluminio: è strage di api



È giunta un’altra conferma (l’ennesima) di quanto gli scienziati, quelli veri - non i dilettanti alla C.I.C.A.P.- e gli attivisti denunciano da anni, vale a dire che la moria delle api e di altri imenotteri (vespe, bombi etc.) è da addebitare in primo luogo all’alluminio disperso negli ecosistemi attraverso le scellerate operazioni di geoingegneria clandestina. Ne danno conto alcune testate giornalistiche britanniche e tedesche. Ricapitoliamo le cause del declino subìto dagli imenotteri in questi ultimi lustri.

• Alluminio ed altri metalli neutossici diffusi nell’ambiente
• Uso indiscriminato di insetticidi neonicotinoidi
• Attacchi di parassiti
• Campi elettromagnetici

Di recente alcuni scienziati britannici hanno rilevato altissimi livelli di alluminio nell'organismo delle api: la contaminazione riguarda soprattutto le pupe. Tale accumulo porta al morbo di Alzheimer negli esseri umani.

Il calo della popolazione globale di questi imenotteri è innescato dalla contaminazione dovuta all’alluminio, secondo quanto riferisce la pubblicazione "Public library of Science - the international online magazine”.

Sono i biologi della Keele University e della Sussex University, nel Regno Unito, ad aver stabilito il nesso tra alluminio e moria delle api, anche se altri fattori giocano un ruolo negativo, come la mancanza di fiori o gli attacchi di parassiti. Gli studi comunque dimostrano che le api suggono nettare e polline che contengono alluminio.

L'alluminio è notoriamente neurotossico ed influisce sulle funzioni cognitive. Gli insetti impollinatori fanno affidamento sulle funzioni cognitive nel loro comportamento di tutti i giorni e questi dati agitano lo spettro di un deterioramento cerebrale da alluminio. E’ come se le api fossero affette da demenza.

Gli entomologi hanno scoperto che il contenuto in alluminio nelle pupe degli imenotteri oscilla da 13 a 193 ppm (parti per milione), laddove un contenuto di alluminio di circa 3 ppm in genere attiva la malattia di Alzheimer negli esseri umani.

Un’altra causa della quasi estinzione che sta colpendo le api è da ricercare negli insetticidi neonicotinoidi, molto usati in agricoltura.



Fonti:

- deutschewirschaftsnachrichten.de
- dailymail


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giovedì 17 ottobre 2013

I castagneti liguri sull’orlo dell’estinzione

L’allarme in Liguria fu lanciato cinque anni addietro. I castagni erano malati a causa dell’aggressione di un insetto simile alla vespa, il cinipide. L'imenottero danneggia le foglie dove si formano le galle, specie di bolle che sono il sintomo dell’attacco per opera di un parassita. La fioritura e, di conseguenza, la fruttificazione dei castagni sono compromesse: il raccolto di castagne è diminuito in questi ultimi anni del 70 per cento.

Invero, la produzione di farina di castagne e di miele di castagno è un settore marginale del già risicato primario ligure, ma il frutto coperto dal riccio, una volta fondamentale per l’alimentazione, appartiene alla cultura contadina, come testimoniato anche da alcune belle liriche di Giovanni Pascoli.

Sennonché i boschi sono oggi in uno stato pietoso. Insetti nocivi, metalli nel suolo, piogge alcaline ed acide, dissesto idrogeologico, prolungati periodi di siccità alternati a violente e brevi precipitazioni di acqua e gel di silicio… tutto concorre a danneggiare le essenze vegetali, le latifoglie e le conifere che un tempo coprivano i pendii dell’entroterra.

Da dove viene il cinipede che sta falcidiando i castagni italiani? E’ un insetto originario della Cina, riscontrato in Europa, per la prima volta, nella provincia di Cuneo nel 2002. Da allora, le popolazioni si sono moltiplicate a ritmi serrati. La riproduzione avviene per partenogenesi. Quello della primavera è il periodo in cui la femmina, appena uscita dal proprio stato larvale, depone le uova a centinaia. In Cina le popolazioni di cinipedi sono tenute sotto controllo da antagonisti naturali che non vivono in Europa. Si è tentato di arginare la diffusione del parassiti diffondendo dei predatori, ma i risultati sono stati inconsistenti.

Come è giunto l’imenottero in Italia? Sarà una coincidenza, ma proprio nel 2002 furono raccolti per poi essere esaminati dal biologo Giorgio Pattera dei filamenti di polimeri rilasciati dagli aerei chimici che, come è noto, sono impiegati come vettori. Siamo malfidenti se pensiamo che le larve furono sparse dai famigerati velivoli? Forse. Sarà un caso, ma alcuni anni fa apparve come dal nulla la Diabrotica Virgifera, un parassita del mais avvistato per la prima volta a Belgrado, presso un’aviorimessa delle forze statunitensi.

Comunque sia, le operazioni chimico-biologiche indeboliscono le piante che diventano vulnerabili all’attacco di parassiti e patogeni. Di questo passo, nell'arco di pochi anni, castagne, marroni, caldarroste saranno solo un pallido ricordo.

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lunedì 15 agosto 2011

L'invasione degli ultra-insetti

Sempre più spesso si osservano velivoli chimici che, a bassa o a bassissima quota, all’imbrunire e nottetempo, sorvolano le aree urbane e rurali, senza rilasciare scie né evanescenti né durevoli. Sono aeromobili anche di notevoli dimensioni, il cui impennaggio verticale è di solito verniciato con i colori vivaci che contraddistinguono la flotta di alcune compagnie.

Senza i finestrini della cabina di pilotaggio e della fusoliera, queste unità, di cui si possono distinguere i dettagli, per la risibile altitudine alla quale incrociano, sembrano essere dirette verso gli scali per atterrare, una volta compiuta la loro missione di morte. Tuttavia ci chiediamo: è corretta questa impressione? Crediamo di no.

Si è congetturato che tali aerei volino bassi per sfuggire ai radar. E’ una supposizione che non convince del tutto: infatti sappiamo che i tankers non sono quasi mai individuati dai sistemi radar. A volte assumono gli identificativi di aerei di linea, dissimulandosi con questo stratagemma. Anche i controllori di volo, da tempo militarizzati, sono costretti al silenzio: devono fingere, qualora si accorgano di qualche anomalia, che il “traffico sconosciuto” non esista.

Ricordiamo che i voli a bassa quota sono molto dispendiosi, poiché ivi l’aria, meno rarefatta rispetto agli strati superiori, esercita una maggiore resistenza sul velivolo: da ciò dipende un più rilevante impiego di carburante. Non è un caso se recentemente è stato stabilito che i vettori civili viaggino ad alta quota proprio per contenere il consumo di kerosene.[1]

Dunque bisogna formulare un’altra ipotesi. I sorvoli a bassa quota sono funzionali alla diffusione di veleni finemente nebulizzati: possono essere dispersi, ad esempio, potenti insetticidi, all’origine della quasi estinzione di imenotteri e lepidotteri, a sua volta causa del drastico declino subìto da specie come le rondini ed i pipistrelli.

E’ assai probabile che, una volta placatosi di sera il vento, siano distribuite spore fungine e larve di insetti (modificati geneticamente?) per contaminare e danneggiare l’ambiente con specie aggressive. I media di regime affermano che l’invasione di insetti provenienti per lo più dall’Estremo Oriente è dovuta al commercio: le navi mercantili talvolta portano, insieme con il carico, uova e larve di specie esotiche che poi si acclimano in Europa. Tuttavia la globalizzazione è fenomeno non recentissimo ed i traffici internazionali esistevano già nel Medioevo e nell’età moderna, quindi la diffusione di coleotteri ed imenotteri “allotrii” potrebbe essere collegata ai voli clandestini.

In questi anni alcuni insetti, che sembrano apparsi dal nulla, hanno cominciato ad assalire la vegetazione o specie autoctone: è il caso della Diabrotica Virgifera, avvistata per la prima volta vicino ad un hangar per velivoli statunitensi in Serbia; del coleottero conosciuto come Punteruolo rosso (il nome scientifico è Rhynchophorus ferrugineus) che scava il tronco delle palme, causandone la morte; della vespa cinese responsabile dell’attacco ai castagni; della vespa giapponese che aggredisce le api mellifere etc.

Non di rado si notano insetti bizzarri: è vero che ne esistono milioni di specie, ma talvolta si ha l’impressione di essere al cospetto di creature “aliene”, frutto di sinistre manipolazioni genetiche attuate in laboratori militari.


[1] Nel 2010 il Flight Efficiency Plan (F.E.P.) per creare rotte più dirette ha permesso di “tagliare” 2.560.500 di km di volo, per un risparmio stimato di 41.256 tonnellate di CO2 (sic). Lo annuncia l’E.N.A.V, la società nazionale per l’assistenza al volo, che stima di aver fatto risparmiare 13.100 t di carburante già nel 2009. Per il triennio 2008/2010 il risultato complessivo è stato quindi di 55.501t di carburante non consumati, 8.700.000 Km percorsi in meno e 175.000 t di CO2 ridotti. In termini economici l’E.N.A.V. stima il risparmio in 27 milioni di euro. Ogni volo svolto a quota più alta - aggiunge l’E.N.A.V. - fa risparmiare 27 kg di combustibile e 85 kg di CO2 per ogni volo sulla rotta Roma-Milano-Roma. Il piano si sviluppa su cinque linee di azione (progettazione dello spazio aereo per traiettorie più dirette, con conseguente risparmio di carburante; spazio aereo e disponibilità del network, per rotte a quote maggiori, dove l’aria è più rarefatta; progettazione ed uso delle aree terminali per planare verso l’atterraggio per diversi chilometri usando i motori al minimo; operazioni aeroportuali per ottimizzare le sequenze di partenza ed i tempi di rullaggio; formazione e addestramento dei controllori di volo alle procedure ed ai nuovi parametri del F.E.P. (G. Alegi - www.dedalonews.com)



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