E' una piovosa mattina del 14 agosto 2018. La visibilità è azzerata, per via di un violento nubifragio indotto tramite una mirata operazione di geoingegneria climatica. Il teatro è pronto per il misfatto. Alle 11:36 Il ponte Morandi di Genova collassa improvvisamente. Il crollo coinvolge una campata di circa 250 metri del viadotto Polcevera a Genova, causando la morte - secondo la versione ufficiale - di 43 persone ed il ferimento di diverse altre.
Il ponte, progettato dall'ingegnere Riccardo Morandi ed inaugurato nel 1967, era gestito da Autostrade per l'Italia. Dopo il crollo è stato completamente demolito e sostituito dal nuovo ponte "Genova San Giorgio", progettato da Renzo Piano e inaugurato nell'agosto 2020.
Nonostante tutti gli elementi e le testimonianze portassero a supporre una demolizione controllata, immediatamente le autorità dichiararono che il gioiello dell'architetto italiano era crollato a causa di un cedimento strutturale. E' davvero così?
Occhio ai giudizi affrettati. La perizia dell’Empa (Swiss Federal Laboratories for Materials Science and research) finì con il ribaltare le affrettate tesi dell'allora ministro delle infrastrutture Toninelli e del ministero del Governo pentastellato dell'epoca: gli stralli ruppero dove non erano corrosi, quindi le cause del crollo andavano ricercate altrove e sinanco le responsabilità, evidentemente, tutt'ora attribuite esclusivamente alla società Autostrade dei Benetton e ad una supposta mancata manutenzione del manufatto.
Gli stralli non furono quindi la causa del crollo del Ponte Morandi. Questo noi lo sappiamo sin da subito ed è quel che asseriva la scomoda perizia dell’Empa (della quale ormai resta solo una parte epurata sul portale del Ministero), il laboratorio svizzero incaricato a suo tempo dall’autorità giudiziaria di esaminare i reperti provenienti da Genova, che, come riportava il Sole24Ore, documentò con foto e analisi come la parte di strallo disintegrata mostrasse “evidenti differenze” rispetto al caso di un cedimento strutturale. In altre parole: gli stralli del viadotto dell’A10 erano sì corrosi, ma sarebbero collassati nella parte “sana”! La causa del crollo del ponte, secondo la perizia, andava quindi ricercata altrove, ovvero nel cedimento di un’altra componente che avrebbe poi trascinato con se lo strallo incriminato.
Non era una novità da poco, nell’accertamento delle responsabilità sulla tragedia del 14 agosto 2018: di fatto, tutto l’impianto accusatorio del ministro Toninelli e del ministero delle infrastrutture e trasporti contro Autostrade per l’Italia si fondava su questa ipotesi: che a cedere fosse stato l’impalcato del cassone – la parte che si cianciava sostenesse (ma in realtà così non era, visto che la campata era progettata per restare in piedi senza i tiranti) la carreggiata proprio in corrispondenza del pilone con gli stralli – a causa della rottura di uno dei medesimi. Così fosse stato, sarebbe stata chiara la responsabilità di Aspi, relativa alla manutenzione del sistema e degli stralli, per l’appunto.
Le ragioni del crollo – si leggeva nella perizia, della quale, come si diceva, non v'è più traccia nè in tedesco né in italiano. E' praticamente sparita – sarebbero da ricercare invece in un’altra componente, che poi avrebbe forzato lo strallo a collassare: l’impalcato a cassone, in altre parole, sarebbe ceduto a causa di un fattore esterno. Esplosivo?
Già in precedenza Giuseppe Mancini, coordinatore dei periti di Autostrade per l’Italia e professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso il Politecnico di Torino, aveva dichiarato che «quello che è finora emerso dalle analisi di Zurigo sembrerebbe confermare che il cedimento degli stralli non sia la causa del crollo del Ponte», aggiungendo che «Interpretando quanto riportato nella nota del laboratorio di Zurigo, con una corrosione media del 50% della totalità della sezione resistente dei fili ci sarebbe ancora un ampio margine di capacità resistente, tale da non poterne causare la rottura».
E ancora, a dicembre 2018, nel corso di una conferenza un altro accademico, era stato il professor Gianmichele Calvi, ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso l’Università di Pavia ed esperto internazionale di tecniche della costruzione e di ingegneria sismica, a sostenere che «Per arrivare a far collassare uno strallo come questo è necessario ridurre del 70% tutti i cavi che stanno al suo interno. È un numero percentuale così elevato che è difficile pensare che possa essere stato questo ciò che è avvenuto perché fino a quel punto si hanno grandi spostamenti, ma l’impalcato resta in piedi”, dichiarazioni formulate da Calvi anche simulando le cause del crollo del Ponte Morandi grazie all’utilizzo di un innovativo software di analisi strutturale.
Ancora... Il professore e docente Enzo Siviero, ingegnere strutturale dichiarava: "C’è una fortissima probabilità, superiore al cinquanta per cento, che si tratti di attentato". Siviero, per anni docente allo Iuav di Venezia, che non è solo uno dei massimi esperti al mondo di ponti (è colui che ha collaudato «Calatrava» a Venezia; oltre ad aver scritto libri, realizzato centinaia di progetti e aver preso una laurea ad honorem in Architettura a Bari). Siviero, durante un'intervista televisiva dichiarò quanto segue: «Un attentato? Stanno circolando dei video e da questo punto di vista io non mi sento in questa fase di escluderlo. Anzi, è un’ipotesi che sto esplorando io stesso. La dinamica è compatibile». Di fronte all’incredulità del giornalista, il professore andò nei dettagli: «Il ponte Morandi è molto pulito, ha degli elementi, mancando i quali non tiene più. Se sono state messe delle microcariche di un certo tipo in pochi secondi salta. Al momento è un’ipotesi che valuto sopra al 50 percento. Ci sono dei lampi, c’è un crollo verticale, il cemento risulta carbonizzato. Insomma ci sono molti elementi». Ma chi sarebbe stato allora, gli veniva chiesto? «Autostrade è diventato il leader mondiale delle autostrade — affermava Siviero — ci sono altri soggetti che potrebbero essere interessati a prendere in mano le situazioni, non ci dimentichiamo che fine a fatto Mattei».
Dunque, sebbene come da tradizione consolidata ormai in questo paese per buona parte dei delitti e delle stragi che hanno interessato l'Italia, anche il caso del crollo del Ponte Morandi sembri un caso chiuso, non lo è affatto e delle versioni ufficiali poco ci importa. Il ponte Morandi non è crollato per un cedimento strutturale, ma è stato abbattuto. La verità sulle origini della tragedia è ancora lontana, insomma, ma da oggi abbiamo qualche certezza in più. Una su tutte: attenzione alle versioni di comodo.
Per approfondimenti si legga il nostro articolo del 30 agosto 2018 qui.
Il ponte, progettato dall'ingegnere Riccardo Morandi ed inaugurato nel 1967, era gestito da Autostrade per l'Italia. Dopo il crollo è stato completamente demolito e sostituito dal nuovo ponte "Genova San Giorgio", progettato da Renzo Piano e inaugurato nell'agosto 2020.
Nonostante tutti gli elementi e le testimonianze portassero a supporre una demolizione controllata, immediatamente le autorità dichiararono che il gioiello dell'architetto italiano era crollato a causa di un cedimento strutturale. E' davvero così?
Occhio ai giudizi affrettati. La perizia dell’Empa (Swiss Federal Laboratories for Materials Science and research) finì con il ribaltare le affrettate tesi dell'allora ministro delle infrastrutture Toninelli e del ministero del Governo pentastellato dell'epoca: gli stralli ruppero dove non erano corrosi, quindi le cause del crollo andavano ricercate altrove e sinanco le responsabilità, evidentemente, tutt'ora attribuite esclusivamente alla società Autostrade dei Benetton e ad una supposta mancata manutenzione del manufatto.
Gli stralli non furono quindi la causa del crollo del Ponte Morandi. Questo noi lo sappiamo sin da subito ed è quel che asseriva la scomoda perizia dell’Empa (della quale ormai resta solo una parte epurata sul portale del Ministero), il laboratorio svizzero incaricato a suo tempo dall’autorità giudiziaria di esaminare i reperti provenienti da Genova, che, come riportava il Sole24Ore, documentò con foto e analisi come la parte di strallo disintegrata mostrasse “evidenti differenze” rispetto al caso di un cedimento strutturale. In altre parole: gli stralli del viadotto dell’A10 erano sì corrosi, ma sarebbero collassati nella parte “sana”! La causa del crollo del ponte, secondo la perizia, andava quindi ricercata altrove, ovvero nel cedimento di un’altra componente che avrebbe poi trascinato con se lo strallo incriminato.
Non era una novità da poco, nell’accertamento delle responsabilità sulla tragedia del 14 agosto 2018: di fatto, tutto l’impianto accusatorio del ministro Toninelli e del ministero delle infrastrutture e trasporti contro Autostrade per l’Italia si fondava su questa ipotesi: che a cedere fosse stato l’impalcato del cassone – la parte che si cianciava sostenesse (ma in realtà così non era, visto che la campata era progettata per restare in piedi senza i tiranti) la carreggiata proprio in corrispondenza del pilone con gli stralli – a causa della rottura di uno dei medesimi. Così fosse stato, sarebbe stata chiara la responsabilità di Aspi, relativa alla manutenzione del sistema e degli stralli, per l’appunto.
Le ragioni del crollo – si leggeva nella perizia, della quale, come si diceva, non v'è più traccia nè in tedesco né in italiano. E' praticamente sparita – sarebbero da ricercare invece in un’altra componente, che poi avrebbe forzato lo strallo a collassare: l’impalcato a cassone, in altre parole, sarebbe ceduto a causa di un fattore esterno. Esplosivo?
Già in precedenza Giuseppe Mancini, coordinatore dei periti di Autostrade per l’Italia e professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso il Politecnico di Torino, aveva dichiarato che «quello che è finora emerso dalle analisi di Zurigo sembrerebbe confermare che il cedimento degli stralli non sia la causa del crollo del Ponte», aggiungendo che «Interpretando quanto riportato nella nota del laboratorio di Zurigo, con una corrosione media del 50% della totalità della sezione resistente dei fili ci sarebbe ancora un ampio margine di capacità resistente, tale da non poterne causare la rottura».
E ancora, a dicembre 2018, nel corso di una conferenza un altro accademico, era stato il professor Gianmichele Calvi, ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso l’Università di Pavia ed esperto internazionale di tecniche della costruzione e di ingegneria sismica, a sostenere che «Per arrivare a far collassare uno strallo come questo è necessario ridurre del 70% tutti i cavi che stanno al suo interno. È un numero percentuale così elevato che è difficile pensare che possa essere stato questo ciò che è avvenuto perché fino a quel punto si hanno grandi spostamenti, ma l’impalcato resta in piedi”, dichiarazioni formulate da Calvi anche simulando le cause del crollo del Ponte Morandi grazie all’utilizzo di un innovativo software di analisi strutturale.
Ancora... Il professore e docente Enzo Siviero, ingegnere strutturale dichiarava: "C’è una fortissima probabilità, superiore al cinquanta per cento, che si tratti di attentato". Siviero, per anni docente allo Iuav di Venezia, che non è solo uno dei massimi esperti al mondo di ponti (è colui che ha collaudato «Calatrava» a Venezia; oltre ad aver scritto libri, realizzato centinaia di progetti e aver preso una laurea ad honorem in Architettura a Bari). Siviero, durante un'intervista televisiva dichiarò quanto segue: «Un attentato? Stanno circolando dei video e da questo punto di vista io non mi sento in questa fase di escluderlo. Anzi, è un’ipotesi che sto esplorando io stesso. La dinamica è compatibile». Di fronte all’incredulità del giornalista, il professore andò nei dettagli: «Il ponte Morandi è molto pulito, ha degli elementi, mancando i quali non tiene più. Se sono state messe delle microcariche di un certo tipo in pochi secondi salta. Al momento è un’ipotesi che valuto sopra al 50 percento. Ci sono dei lampi, c’è un crollo verticale, il cemento risulta carbonizzato. Insomma ci sono molti elementi». Ma chi sarebbe stato allora, gli veniva chiesto? «Autostrade è diventato il leader mondiale delle autostrade — affermava Siviero — ci sono altri soggetti che potrebbero essere interessati a prendere in mano le situazioni, non ci dimentichiamo che fine a fatto Mattei».
Dunque, sebbene come da tradizione consolidata ormai in questo paese per buona parte dei delitti e delle stragi che hanno interessato l'Italia, anche il caso del crollo del Ponte Morandi sembri un caso chiuso, non lo è affatto e delle versioni ufficiali poco ci importa. Il ponte Morandi non è crollato per un cedimento strutturale, ma è stato abbattuto. La verità sulle origini della tragedia è ancora lontana, insomma, ma da oggi abbiamo qualche certezza in più. Una su tutte: attenzione alle versioni di comodo.
Per approfondimenti si legga il nostro articolo del 30 agosto 2018 qui.
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