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sabato 14 gennaio 2017

La morte dell’attrice Carrie Fisher: un collegamento con la sindrome aerotossica?



Sit ei terra levis.

23 dicembre 2016. Carrie Fisher, la principessa Leila di Guerre Stellari, è stata colpita da un arresto cardiaco, mentre era in volo su un aereo decollato da Londra e diretto a Los Angeles. Secondo il “Los Angeles Times", il personale di bordo sarebbe intervenuto con il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca per tenere in vita l’attrice statunitense. L’emergenza si è verificata quindici minuti prima dell’atterraggio.

Allo scalo un’autoambulanza ha portato la donna al pronto soccorso dell’Ucla Medical Center. Le sue condizioni di salute sono in corso di definizione: in un’intervista rilasciata a The Hollywood Reporter il fratello Todd Fisher ha detto che l’attrice è "uscita dalla terapia intensiva".

Carrie Fisher, dopo un lungo periodo di quasi oblio, tornò ad interpretare la principessa Leila nel VII episodio di “Guerre stellari”, “Il risveglio della forza” nel 2015. Nel mese di dicembre del 2016 era impegnata in un tour mondiale per presentare il suo libro “Diario di una principessa”.

Il 27 dicembre purtroppo l’interprete della principessa di “Guerre stellari” è mancata. Il portavoce della famiglia, Simon Halls, ha reso note le parole pronunciate dalla figlia di Fisher, Billie Lourd: "E' con una tristezza profonda che Billie Lourd conferma che la sua amata madre, Carrie Fisher, è deceduta alle 8:55 di questa mattina", si legge nella dichiarazione. "E' stata amata dal mondo e ci mancherà profondamente", prosegue la figlia dell'attrice, secondo quanto riporta “People”. "Tutta la nostra famiglia vi ringrazia per i vostri pensieri e le vostre preghiere". Il 28 dicembre è morta la madre, Debbie Reynolds.

La tragica scomparsa di Carrie Fisher, colpita da infarto, verso la fine di un volo di circa undici ore, si può in qualche modo collegare alla cosiddetta sindrome aerotossica? E’ significativo che il problema si sia manifestato poco tempo prima dell’atterraggio, quando i velivoli incrociano strati chimici molto densi e comunque dopo parecchie ore trascorse nella cabina passeggeri.

In genere gli episodi di "fumo in cabina" accadono durante la fase di salita o in quella di discesa, allorquando l'aereo "taglia", per pochi istanti, gli strati di copertura artificiale che si trovano a quote basse o medie, ossia tra i 1500 ed in 6000 metri. Le fasi più pericolose del volo sono quelle in cui si attraversano le falde chimiche: esse, come è possibile constatare sia attraverso l’osservazione sia per mezzo di strumenti scientifici, aleggiano ad altitudini più o meno costanti, quelle sopra indicate. Gli episodi definiti "fume event" sono stati, in diverse occasioni, la causa di danni permanenti ed invalidanti e talora di decessi riscontrati tra dipendenti delle compagnie civili e tra i passeggeri.

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martedì 10 marzo 2015

E' ufficiale: negli aerei di linea si muore a causa dei gas tossici in cabina

La sindrome aerotossica è oggetto di un numero crescente di articoli, di inchieste televisive inquietanti e di un'interrogazione al Parlamento europeo. Con l'espressione “sindrome aerotossica" viene designata una serie di danni neurologici derivanti dall'inalazione di aria contaminata a bordo di un aeromobile. Il fenomeno colpisce tanto i piloti quanto il personale di cabina nonché i passeggeri, producendo talvolta conseguenze gravi ed invalidanti. Di solito si attribuisce il problema ai vapori tossici di olio lubrificante che filtrano all’interno delle cabine dei velivoli, tra cui il tricresyl phosphate, ma, alla luce delle recenti acquisizioni è ormai chiaro che tra gli "agenti killer" vanno annoverati anche gli additivi-lubrificanti come lo STADIS 450 ed il metilciclopentadienil-tricarbonil-manganese (MMT). Ciò, evidentemente, chiama in causa le "chemtrails", il cui rilascio è funzionale alle esigenze strategiche consigliate a suo tempo da Edward Teller e, nella fattispecie, evidenzia come manganese e bario in associazione al trimetilalluminio (in uso all'aeronautica civile e militare) siano il fulcro delle attività di geoingegneria clandestina. Questi composti penetrano nelle cabine piloti e nelle sezioni passeggeri, visto che l'aria contaminata viene prelevata dall'esterno, solitamente, da una o più gondole motori.

Bisogna chiedersi il motivo per cui il problema sia nato attorno alla fine degli anni '90 del XX secolo, proprio in concomitanza con l'avvio del "Progetto Teller". La reticenza degli organi preposti alla "tutela della salute", la levata di scudi per opera delle compagnie aeree che minimizzano il problema, la scarsità di studi medici sul fenomeno inducono a sospettare che la sindrome in oggetto sia legata, in qualche modo, alle operazioni di avvelenamento della biosfera. Tra l’altro, per quale ragione il progresso tecnologico, che dovrebbe rendere gli aerei più sicuri, nel campo dell'aviazione latita in modo tanto evidente a tal punto che i viaggi in aereo attuali sono molto più azzardati rispetto a quelli dei decenni scorsi? Nel frattempo la cronaca racconta di un pilota di Albione deceduto per i gas inalati: non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo…



Regno Unito 23 febbraio 2015 - Un'inchiesta in merito alla pericolosità dei gas tossici sugli aerei è stata aperta nel Regno Unito, a seguito della morte di un pilota della British Airways nel 2012. L'uomo è Richard Westgate, scomparso a 43 anni e sarebbe stato ucciso da gas tossici in cabina. Almeno questo è quanto ha stabilito un coroner britannico, Stanhope Payne, per cui il decesso del pilota potrebbe derivare dalle esalazioni nocive che si diffondono nelle cabine a causa del sistema di aspirazione dell’aria.



Gli inquirenti hanno chiesto alla compagnia aerea ed all'Ente per l'aviazione civile di intraprendere "azioni urgenti" per verificare la presenza di sostanze dannose per l'uomo. Secondo la famiglia del pilota, la morte è stata causata dalla 'sindrome aerotossica', una patologia identificata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1999. La patologia dipende dall'inalazione di aria contaminata a bordo di un velivolo. Le compagnie sono consapevoli dei vapori tossici di olio lubrificante usato nei motori: per questa ragione sugli aerei esistono dei sistemi di filtraggio. Tuttavia con il tempo o a causa di una manutenzione inadeguata, i filtri possono rompersi e i gas pericolosi possono penetrare in cabina. Per i vettori non esistono rischi per la salute dei passeggeri né dell'equipaggio, perché il fenomeno è occasionale (sic!). Tuttavia alcune organizzazioni da anni denunciano che esiste un reale pericolo per i viaggiatori abituali.

Fonte: Rainews.it

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domenica 24 aprile 2011

Campagna dei piloti contro la sindrome aerotossica

La sindrome aerotossica è oggetto di un numero crescente di articoli ed inchieste televisive inquietanti. Con l'espressione “sindrome aerotossica" viene designata una serie di danni neurologici derivanti dall'inalazione di aria contaminata a bordo di un aeromobile. Il fenomeno colpisce tanto i piloti quanto il personale di cabina nonché i passeggeri, producendo talvolta conseguenze gravi ed invalidanti. Ufficialmente si attribuisce il problema ai vapori tossici di olio lubrificante (Tricresyl phosphate) che filtrano all’interno delle cabine dei velivoli, ma alcuni ricercatori sospettano che la sindrome sia dovuta, invece, ai composti chimici delle chemtrails, in primis lo Stadis 450, contenente venefico bario in quantità preoccupanti. Questi composti penetrano nelle cabine di pilotaggio e nelle sezioni destinate ai passeggeri, visto che l'aria contaminata viene prelevata dall'esterno, solitamente, da uno o più motori. E' d'uopo chiarire che, stante le caratteristiche degli attuali turbofan a doppio flusso, è praticamente impossibile una contaminazione da fumi tossici dalla sezione di combustione (posta all'interno della gondola motore), in quanto l'aria per la cabina non viene pompata da questo settore, ma da quello posto all'esterno della gondola.

Recentemente nel Regno Unito è sorta un’associazione per denunciare l’inerzia ed il cover up delle autorità circa la sindrome aerotossica. L’iniziativa si deve ad alcuni piloti collocati a riposo, per motivi di salute, in largo anticipo rispetto all’età pensionabile. I piloti, però, non hanno compreso la vera origine della patologia, che, inesistente sino alla metà degli anni ‘90 del XX secolo, si è poi manifestata con casi sempre più frequenti, proprio in concomitanza con l'avvio del "Progetto Teller". La reticenza degli organi preposti alla "tutela della salute", la levata di scudi per opera delle compagnie aeree che minimizzano il problema, la scarsità di studi medici sul fenomeno inducono a pensare che la sindrome in oggetto sia legata, in qualche modo, alle operazioni di avvelenamento della biosfera.

Ringraziamo "nienteecomesembra" per la preziosa segnalazione.

Gli attivisti del Warwickshire (Regno Unito) sperano in un nuovo documentario sulla sindrome aerotossica che potrebbe costringere l'industria aeronautica ed il governo ad agire. Gli ex piloti John Hoyte di Fenny Compton, e Tony Watson, di Kenilworth, dicono che sono stati costretti a terra dalla sindrome aerotossica, il risultato dell'esposizione ai vapori di olio usati nei motori degli aerei, vapori che si diffondono nella cabina attraverso il sistema di ventilazione. Essi hanno costituito l’Aerotoxic asssociation per diffondere la conoscenza e le iniziative per una soluzione al problema. Hoyte è recentemente apparso in "Broken wings", un nuovo documentario incentrato sul BAe 146, un aereo particolarmente interessato dal problema.

Hoyte, che ha sofferto di disturbi alla vista ed ha avuto problemi del linguaggio, tanto da essere alla fine messo a terra con largo anticipo, crede che sarà difficile che l'industria aeronautica ed il governo riconoscano mai la malattia. Egli ha asserito: "Il fumo è stato vietato nei luoghi pubblici, ma per qualche ragione il governo ritiene che i fumi tossici negli spazi ristretti di un aereo vadano bene".

La sindrome aerotossica è causata da un particolare sistema di aerazione in uso dai primi anni 50 del XX secolo, secondo cui, per mantenere la pressione in cabina, l'aria viene aspirata dall'esterno del velivolo. In un primo momento ciò era ottenuto per mezzo di pompe meccaniche (poste lungo la fusoliera - N.D.T.), ma ora l'aria compressa dal turbofan (L'80 per cento dell'aria accelerata dalla ventola è diretto al condotto di by-pass e garantisce l'80 per cento dell'aria fredda del motore. E' da qui che arriva anche l'aria per la cabina - N.D.T.) viene miscelata con l'aria del ricircolo all'interno dell'aereo. In alcuni casi, residui di olio contenente fosfato tricresile, una neurotossina, entrano nella cabina attraverso l'impianto di aerazione.

Watson, andato in pensione a soli 43 anni per motivi di salute, riferisce che spesso i piloti ignorano i sintomi neurologici, fino a quando non diventano gravi, anche perché i medici non sanno diagnosticare la malattia. Egli crede che il problema potrebbe essere risolto con appositi filtri, che impediscano al fosfato tricresile di diffondersi nella cabina. Watson ha affermato: "La gente non ne sa abbastanza. La Civil aviation authority ammette che trenta passeggeri possono essere stati colpiti, ma sappiamo che il numero di intossicati è molto più alto. Le prove ci sono, ma le autorità decidono di non guardare".

Fonte: leamingtoncourier.co.uk

Articolo correlato: Il motore turbofan ed i possibili dispositivi di aerosol






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