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domenica 19 marzo 2017

Studio del norvegese Harald Kautz-Vella sulla geoingegneria clandestina



Ci è stato segnalato un monumentale studio inerente alla geoingegneria clandestina alias scie chimiche (in inglese chemtrails). L’autore del saggio, “The chemistry in contrails”, 2014 (titolo in cui il termine contrails è usato per diplomazia) è il ricercatore norvegese Harald Kautz-Vella.

E’ impossibile riassumere una ricerca tanto approfondita ed articolata: ci limitiamo a notare, riservandoci di tradurre alcune parti salienti, appena sarà possibile, che il testo trova il suo abbrivo in un’indagine circa i danni constatati alle colture ed alle conifere in Norvegia. Il suolo risulta contaminato in particolare da composti del bario, dello stronzio, dell’alluminio e del titanio. Le nanoparticelle di questi composti possono rimanere in sospensione anche fino a diciotto mesi, per poi ricadere con le piogge. A causa delle loro ridottissime dimensioni, possono inoltre attraversare le membrane cellulari delle foglie e dell’apparato radicale, intaccando i tessuti delle piante. Inoltre i nano-cristalli di titanio e di bario, che non sono solubili e che si accumulano nella catena alimentare, hanno proprietà piezoelettriche. Secondo l’autore, gli effetti piezoelettrici annullano la frequenza dei biofotoni scambiati con il DNA della pianta, responsabile della regolazione della divisione cellulare. Ciò interferisce con la crescita della flora, rendendola vulnerabile soprattutto all’attacco di funghi, anche a prescindere dalla più o meno elevata quantità di metalli nel terreno e nell’acqua. [1]

ll libro, che conferma in toto quanto acquisito in questi anni sia sotto il profilo empirico sia per quanto attiene alle motivazioni recondite, per così dire esoteriche, della “guerra climatica”, si riallaccia tra le altre cose agli studi del compianto Dottor Mark Purdey, il primo a correlare l’encefalite spongiforme alla dispersione nell’ambiente di bario, stronzio ed argento.

Queste sono le premesse di un dossier che spazia dalle applicazioni militari al Morgellons, dall’analisi dell’agenda transumanista, dal terraforming all’”Intelligenza” artificiale, con rigore scientifico e con consapevolezza di quanto la battaglia dell’umanità (quella minoranza che ancora possiamo reputare davvero umana), contro il genocidio globale, se sarà perduta, sarà anche l’ultima.

[1] Il termine "biofotoni" indica il fenomeno di emissione di energia luminosa (debole e permanente) per opera dei tessuti viventi. Ogni cellula emette segnali specifici, propri e caratteristici (come ogni persona possiede una voce particolare, un suo accento e parla la sua lingua). La teoria dei biofotoni, insegnata dal fisico Popp, sulle tracce di un'intuizione del russo Gurwitsch (1922), offre la credibile interpretazione (avvalorata da molteplici esperimenti) del fatto che l’evento biologico primario alla base della vita ed anche delle alterazioni che portano alla malattia, sia un evento fisico di natura informazionale e quindi elettromagnetica (frequenze modulate).

Fonte: Aquarius-technologies

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sabato 20 giugno 2015

Alluminio: è strage di api



È giunta un’altra conferma (l’ennesima) di quanto gli scienziati, quelli veri - non i dilettanti alla C.I.C.A.P.- e gli attivisti denunciano da anni, vale a dire che la moria delle api e di altri imenotteri (vespe, bombi etc.) è da addebitare in primo luogo all’alluminio disperso negli ecosistemi attraverso le scellerate operazioni di geoingegneria clandestina. Ne danno conto alcune testate giornalistiche britanniche e tedesche. Ricapitoliamo le cause del declino subìto dagli imenotteri in questi ultimi lustri.

• Alluminio ed altri metalli neutossici diffusi nell’ambiente
• Uso indiscriminato di insetticidi neonicotinoidi
• Attacchi di parassiti
• Campi elettromagnetici

Di recente alcuni scienziati britannici hanno rilevato altissimi livelli di alluminio nell'organismo delle api: la contaminazione riguarda soprattutto le pupe. Tale accumulo porta al morbo di Alzheimer negli esseri umani.

Il calo della popolazione globale di questi imenotteri è innescato dalla contaminazione dovuta all’alluminio, secondo quanto riferisce la pubblicazione "Public library of Science - the international online magazine”.

Sono i biologi della Keele University e della Sussex University, nel Regno Unito, ad aver stabilito il nesso tra alluminio e moria delle api, anche se altri fattori giocano un ruolo negativo, come la mancanza di fiori o gli attacchi di parassiti. Gli studi comunque dimostrano che le api suggono nettare e polline che contengono alluminio.

L'alluminio è notoriamente neurotossico ed influisce sulle funzioni cognitive. Gli insetti impollinatori fanno affidamento sulle funzioni cognitive nel loro comportamento di tutti i giorni e questi dati agitano lo spettro di un deterioramento cerebrale da alluminio. E’ come se le api fossero affette da demenza.

Gli entomologi hanno scoperto che il contenuto in alluminio nelle pupe degli imenotteri oscilla da 13 a 193 ppm (parti per milione), laddove un contenuto di alluminio di circa 3 ppm in genere attiva la malattia di Alzheimer negli esseri umani.

Un’altra causa della quasi estinzione che sta colpendo le api è da ricercare negli insetticidi neonicotinoidi, molto usati in agricoltura.



Fonti:

- deutschewirschaftsnachrichten.de
- dailymail


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domenica 16 novembre 2014

Olio d'oliva: crolla la produzione in Italia e Spagna a causa delle avversità meteorologiche dovute alla geoingegneria clandestina

Da una parte è possibile provocare siccità durante la stagione dello sviluppo delle piante affinché nulla cresca, dall’altra scatenare piogge assai intense durante la stagione dei raccolti in modo che i campi risultino troppo fangosi per procedere al raccolto stesso”. (Dottor Lawrence Dunegan, dichiarazione risalente al 20 marzo 1969, a margine di un convegno della Pittsburgh paediatric society).



Una flessione del 35% per la produzione di olio di oliva nella campagna 2014/2015: è quanto emerge da una prima valutazione compiuta dall'Ismea con la collaborazione delle organizzazioni degli operatori Aifo, Cno, Unaprol e Unasco. E' un risultato produttivo che riflette le conseguenze di un andamento climatico particolarmente negativo (a causa della geoingegneria clandestina, n.d.r.), con la produzione di olio di oliva che dovrebbe scendere quest'anno a 302 mila tonnellate rispetto alle 464 mila (dato Istat) della scorsa raccolta.

E’ un calo significativo - spiega l'Ismea - ma meno accentuato rispetto a quello della Spagna, leader mondiale. La Spagna, a causa dellle avversità meteorologiche, ha addirittura dimezzato i livelli di produzione rispetto al dato del 2013.

A subire i contraccolpi di una situazione sfavorevole anche sotto l'aspetto fitosanitario (le intemperie hanno favorito gli attacchi di patogeni, in particolare la mosca dell'olivo) sono stati tutti i principali poli produttivi regionali.

Sia in Puglia sia in Calabria si prevede una contrazione di oltre un terzo dei quantitativi prodotti rispetto al 2013, mentre Sicilia e Campania subirebbero riduzioni rispettivamente del 22 e del 40 per cento. Quasi dimezzata la produzione del Centro Italia, con sviluppi altrettanto deludenti nelle regioni settentrionali. Il mercato ha già reagito in Italia con un aumento dei prezzi alla produzione. L'olio italiano, che mantiene un ampio divario positivo rispetto al prodotto spagnolo, ha toccato in media punte di 4,40 euro al chilogrammo franco frantoio, un valore superiore di quasi il 50% ai livelli dell'anno scorso.

Gli oli italiani, oltre a un prezzo più alto, che attesta il riconoscimento di una migliore qualità da parte dei mercati internazionali, stanno beneficiando di una forte spinta dell'export. Tra gennaio e luglio di quest'anno le vendite all'estero, grazie ai progressi in Nord America, Giappone e Unione europea, sono aumentate in volume del 13% rispetto ai primi sette mesi del 2013. Ancora più sostenuta la dinamica degli oli extravergini, il prodotto di maggior pregio, con l'esportazione cresciuta del 18% su base annua. Da evidenziare che la bilancia commerciale del settore, nonostante il forte aumento delle importazioni soprattutto dalla Spagna, ha chiuso i primi sette mesi del 2014 con un saldo attivo di quasi 16 milioni di euro.

Fonte: viniesapori


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giovedì 17 ottobre 2013

I castagneti liguri sull’orlo dell’estinzione

L’allarme in Liguria fu lanciato cinque anni addietro. I castagni erano malati a causa dell’aggressione di un insetto simile alla vespa, il cinipide. L'imenottero danneggia le foglie dove si formano le galle, specie di bolle che sono il sintomo dell’attacco per opera di un parassita. La fioritura e, di conseguenza, la fruttificazione dei castagni sono compromesse: il raccolto di castagne è diminuito in questi ultimi anni del 70 per cento.

Invero, la produzione di farina di castagne e di miele di castagno è un settore marginale del già risicato primario ligure, ma il frutto coperto dal riccio, una volta fondamentale per l’alimentazione, appartiene alla cultura contadina, come testimoniato anche da alcune belle liriche di Giovanni Pascoli.

Sennonché i boschi sono oggi in uno stato pietoso. Insetti nocivi, metalli nel suolo, piogge alcaline ed acide, dissesto idrogeologico, prolungati periodi di siccità alternati a violente e brevi precipitazioni di acqua e gel di silicio… tutto concorre a danneggiare le essenze vegetali, le latifoglie e le conifere che un tempo coprivano i pendii dell’entroterra.

Da dove viene il cinipede che sta falcidiando i castagni italiani? E’ un insetto originario della Cina, riscontrato in Europa, per la prima volta, nella provincia di Cuneo nel 2002. Da allora, le popolazioni si sono moltiplicate a ritmi serrati. La riproduzione avviene per partenogenesi. Quello della primavera è il periodo in cui la femmina, appena uscita dal proprio stato larvale, depone le uova a centinaia. In Cina le popolazioni di cinipedi sono tenute sotto controllo da antagonisti naturali che non vivono in Europa. Si è tentato di arginare la diffusione del parassiti diffondendo dei predatori, ma i risultati sono stati inconsistenti.

Come è giunto l’imenottero in Italia? Sarà una coincidenza, ma proprio nel 2002 furono raccolti per poi essere esaminati dal biologo Giorgio Pattera dei filamenti di polimeri rilasciati dagli aerei chimici che, come è noto, sono impiegati come vettori. Siamo malfidenti se pensiamo che le larve furono sparse dai famigerati velivoli? Forse. Sarà un caso, ma alcuni anni fa apparve come dal nulla la Diabrotica Virgifera, un parassita del mais avvistato per la prima volta a Belgrado, presso un’aviorimessa delle forze statunitensi.

Comunque sia, le operazioni chimico-biologiche indeboliscono le piante che diventano vulnerabili all’attacco di parassiti e patogeni. Di questo passo, nell'arco di pochi anni, castagne, marroni, caldarroste saranno solo un pallido ricordo.

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