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giovedì 9 giugno 2016

Precipita aereo dell’Egyptair: che cosa è accaduto?



La cronaca

19 maggio 2016 Ore: 02:49. Precipita un velivolo (volo 804) della compagnia aerea Egyptair a 175 miglia (295 chilometri) al largo della costa egiziana. L’airbus A-320-232 era decollato da Parigi, scalo Roissy Charles de Gaulle, ed era diretto al Cairo. Ore 01:24. L'airbus entra nello spazio aereo greco. Ottiene il permesso a proseguire per una rotta sud-est. Dopo 60 minuti di volo, a sud dell'isola di Karpathos, gli è consentito di immettersi nel sentiero di discesa verso le coste egiziane. Comandante e copilota non segnalano alcun problema. L’aereo è in assetto e – per quanto riferisce l’Egyptair – non è stato rilevato alcun problema meccanico dopo l'incidente del 25 giugno 2013, quando un'avaria ad un motore costrinse il velivolo al rientro e ad un atterraggio di emergenza, dopo un decollo per Istanbul.

Tra l'1.48 e l'1.50, sulla verticale dell'isola di Kea, il controllo del traffico aereo greco ricontatta la cabina per comunicare il passaggio alle cure del centro di traffico meridionale ellenico. Il comandante è di buon umore. Scherza col controllore.

Ore 02.27. Ill nuovo centro di controllo greco, che ha preso in carico l'MS804, chiama il cockpit sulla frequenza radio regolarmente usata fino a quel momento. Come prevede il protocollo, deve segnalare ai piloti l'imminente uscita dallo spazio aereo ellenico e fornire le nuove coordinate radio con cui agganciare il controllo del traffico aereo egiziano. È una chiamata obbligatoria, come obbligatoria è la risposta, ma la cabina di pilotaggio dell'Airbus tace. Alle 02.28, nuovo tentativo di contatto. L'aereo procede a quota ed a velocità regolari. Anche questa seconda chiamata è "vuota". È l'indizio di un problema al punto che, alle 02.29 e quindi alle 02.30, la terza chiamata viene eseguita anche sulle frequenze radio di emergenza, immaginando che qualcosa sia accaduto o stia accadendo. Tutto, però, è inutile. Intanto l’unità è uscita dallo spazio aereo greco. Sono centottanta secondi di silenzio. L’aereo sta incrociando ad un'altitudine (dichiarata) di 38.000 piedi (11.000 metri circa), quando compie una brusca virata di 90 gradi a sinistra, seguita da una sterzata di 360 gradi a destra, quindi perde quota per cadere infine in mare. Muoiono 66 persone tra componenti dell’equipaggio e passeggeri. In un punto individuato dalle coordinate 33°32' Nord, 29°13' Est, i satelliti dell'E.S.A. fotografano una chilometrica lingua di cherosene, non lontano da dove sono poi recuperati alcuni rottami della fusoliera.



Le ipotesi e l’analisi

Quali sono le cause del disastro aereo? Alcuni media di regime chiamano in causa un possibile atto terroristico, sebbene l’azione non sia stata rivendicata. L’ipotesi dell’attentato è la solita versione di copertura: si inventa spesso ipso facto o a posteriori un’attribuzione di responsabilità per opera qualche gruppo “integralista” con tanto di scatti e di filmati artefatti.

• Si può congetturare, vista la dinamica degli eventi, che entrambi i piloti abbiano perso conoscenza per un guasto al sistema di pressurizzazione o per un episodio di “fumo in cabina” (sindrome aerotossica). Questo potrebbe spiegare perché non è stato lanciato il mayday. Aggiornamenti del 21 maggio 2016 si riferiscono a fumo nella cabina passeggeri prima dello schianto: l’impianto di sicurezza installato mostrerebbe alle 02:26 ora locale l’attivazione di un sensore antifumo, seguito a ruota da altri sei allarmi fino alle 02:29, ora in cui il dispositivo cessa le registrazioni. Da scartare la supposizione che il presunto incendio sia stato dovuto ad un ordigno: è probabile, però, che la “verità” ufficiale si impernierà sull’esplosivo a bordo collocato da un jihadista (sic).

• L’aereo potrebbe essere stato oggetto di un atto intimidatorio orchestrato dai servizi segreti statunitensi: è la pista, a nostro parere assai improbabile, indicata da Giulietto Chiesa.

• Le brusche virate dell’aereo lasciano intuire un problema ad un motore, ma provocato da che cosa? Le deviazioni sono altresì riconducibili a manovre del pilota intento a risolvere un’emergenza: ad esempio, la carenza di ossigeno e quindi la necessità di scendere velocemente di quota per depressurizzare.

• Il velivolo potrebbe essere stato colpito da un meteorite: le gragnole di questi corpi celesti stanno crescendo in numero ed intensità.

• L'indebolimento della magnetosfera potrebbe essere all'origine di danni ai sistemi elettronici (fly-by-wire) dell'aereo.

E’ comunque un evento di difficile analisi, giacché ci si deve basare sulle fonti ufficiali e sulle ricostruzioni della stampa mainstrream, la cui credibilità e veridicità sono notoriamente molto scarse. Due sono comunque le certezze: qualsiasi versione ufficiale sarà alla fine elaborata e diramata, dovrà essere considerata falsa, come per l’incidente occorso al Germanwings; viaggiare in aereo, tra sindrome aerotossica, manutenzione carente e superficiale, rendez vous con foo fighters, rarefazione della coltre magnetica che protegge dai raggi cosmici, azioni dei servizi segreti etc., è diventato sempre più pericoloso.



Le ultime informazioni, oltre a citare il possibile ritrovamento delle due "scatole nere" (notizia rivelatasi poi infondata), rafforzano l’ipotesi del “fume event”: infatti, poche ore prima dell’incidente in esame, un altro vettore della Delta Airlines, decollato da Francoforte e diretto a Kuwait City, in volo sulla stessa rotta, era stato intercettato da due caccia F16, poiché pilota e copilota non rispondevano ai controllori di volo; i due avevano perso i sensi con 140 passeggeri a bordo. In questo frangente è stata evitata la catastrofe, giacché era inserito il pilota automatico. Nel caso dell'Egyptair, invece, è andata come è andata, in quanto i piloti, quando hanno perso i sensi, avevano da poco cominciato la fase di discesa ed erano sul "manuale”.

Da alcuni anni, da quando soprattutto è entrata a regime l'operazione "geoingegneria clandestina", non si riescono più a stabilire le cause dei sinistri aerei: anche le "scatole nere" non sono ritrovate. Passati circa trenta giorni, diventa troppo tardi per il loro reperimento, poiché i dispositivi non emettono più segnali utili alla localizzazione. Alla fine tutto passa in cavalleria: si rincorrono altri eventi ed una distratta opinione pubblica è distratta da altre notizie vere o false che siano, sempre funzionali comunque ad ingannare e ad inebetire la massa.

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lunedì 4 febbraio 2013

I piloti della “British Airways” sono vittime della sindrome aerotossica (articolo di Ted Jeory)

La sindrome aerotossica continua a mietere vittime tra piloti ed assistenti di volo, ma le compagnie aeree si ostinano a negare il problema, tentando di smentire l’evidenza. Nell’articolo, di cui abbiamo tradotto le parti salienti, il Dottor Peter Julu lancia l’allarme. Lo specialista individua un nesso tra la sindrome in oggetto ed un’analoga affezione che colpisce gli agricoltori abituati ad usare insetticidi a base di organofosfati. E’ plausibile tale nesso? Se c’entrassero, invece, gli ingredienti velenosi della Geoingegneria clandestina? Questo spiegherebbe per quale ragione le compagnie aeree sono tenacemente impegnate ad occultare. Non dimentichiamo che le analisi di un campione di polvere prelevato dall'interno di un velivolo commerciale avevano rilevato bario, cadmio ed alluminio che non sono componenti degli organofosfati, ma sono sempre elementi neurotossici e cancerogeni.

Due dei piloti più talentuosi della British Airways sono morti dopo anni di esposizione ai fumi tossici degli aerei passeggeri. Karen Lysakowska, 43 anni, è stata sepolta martedì scorso, mentre Richard Westgate, anch’egli di 43 anni, è deceduto quattro giorni prima. Entrambi credevano di essere stati intossicati dall'aria della cabina, un’aria talmente inquinata che costringe regolarmente i piloti ad indossare maschere d’ossigeno per respirare. Gli avvocati di Westgate intendono portare in tribunale la questione della sindrome aerotossica, una patologia cronica che rende migliaia di piloti nel mondo inadatti al loro compito. […]

Molti piloti lamentano cefalea, difficoltà di concentrazione ed altri disturbi, ma questi sintomi sono spesso ignorati o conducono a diagnosi errate. La donna pilota Lysakowska, che è stata tra gli avieri di maggior talento della sua generazione, dopo aver ricevuto un premio speciale come cadetto venti anni fa, aveva chiesto ai suoi superiori della British Aiways di affrontare lo spinoso tema. Era stata, infatti, esonerata dal servizio per problemi di salute nel 2005. E’ morta di tumore.

Richard Westgate era diventato un pilota commerciale nel 1998. Aveva volato con le compagnie aeree più piccole, prima di essere assunto dalla British Aiways nel 2007, anno in cui cominciarono ad acuirsi fastidiosi sintomi: perdita di memoria, emicrania, stanchezza cronica, sbalzi d'umore.

Il dottor Mulder, che ha seguito il calvario di Westgate, ricorda che dapprincipio la malattia del pilota fu confusa con una forma di depressione. [...]

Prima di morire, Westgate aveva incaricato il suo avvocato, Frank Cannon, che era anche un pilota, di citare in giudizio la British Airways per presunta violazione delle linee guida circa la salute e la sicurezza. Nonostante le richieste di molti piloti e delll'Aerotoxic Association, le compagnie aeree non installano sistemi di rilevamento della qualità dell'aria. Al contrario, esse si basano sui risultati di studi commissionati dal governo. Sono ricerche i cui risultati sono stati contestati: la più recente di queste indagini, condotta dalla Cranfield University, nel Buckinghamshire, ha concluso che l'aria della cabine di pilotaggio è sicura.[…] Il personale di bordo attribuisce la sindrome agli organofosfati ed agli oli lubrificanti usati nei motori a reazione.

Le compagnie aeree hanno cercato di sostenere che l’avvelenamento da monossido di carbonio è all’origine dei sintomi, ma il dottor Peter Julu, neurofisiologo, non è d'accordo. Egli imputa la sintomatoologia agli organofosfati. Il Dottor Julu spiega: “Sono sostanze chimiche che attaccano il sistema nervoso. In particolare è preso di mira il tronco cerebrale. Le sostanze aggrediscono un gruppo specifico di neurotrasmettitori tra cui la serotonina, il che spiega la comparsa, in alcuni casi, della depressione”.


Fonte: Express.co.uk

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